Volume - Fondazione toscana sostenibile
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alto valore. Le delocalizzazioni non utili, o impoverenti, sono quelle che chiudono attività,<br />
senza lasciare niente in cambio. Ma attenzione: nel dubbio, non basta vietare. Adattamenti<br />
che vengono rinviati “per decreto”, o per ridurre il conflitto sociale, prima o poi -in forma<br />
diluita- devono essere comunque fatti, se non cambiano i “fondamentali” che li giustificano<br />
sul piano della competitività.<br />
Se il problema vero è l’apprendimento del nuovo, per rigenerare la perduta o declinante<br />
competitività, ogni cosa che ritarda o attutisce il problema, senza risolverlo alla radice,<br />
rischia di essere un pannicello caldo. Esplorare bisogna: per curare la malattia, la medicina<br />
va presa, anche se è amara. E tuttavia, senza cadere nella tattica del rinvio, è meglio<br />
che cura ed esplorazioni avvengano in armonia col territorio di provenienza, piuttosto di<br />
demandarle alle convenienze, e talvolta all’opportunismo, di singole persone o di singole<br />
imprese, facendo loro assumere una forma corsara.<br />
È utile pensare un negoziato, che potrebbe essere anche mediato politicamente, nei<br />
casi di particolare importanza. In questo negoziato l’interesse dell’impresa leader per<br />
delocalizzare alcune attività potrebbe essere controbilanciato dall’interesse del territorio a<br />
realizzare, anche attraverso il riposizionamento dell’impresa leader, un riposizionamento<br />
complessivo della filiera. A tal fine, il nuovo “scambio politico” tra imprese e territorio potrebbe<br />
essere sanzionato da investimenti delle imprese che portano in loco lavori più qualificati<br />
e servizi di valore, contro investimenti pubblici che facilitano l’insediamento di queste<br />
nuove attività nel tessuto pre-esistente, fornendo le aree, i servizi, i sistemi logistici e<br />
normativi richiesti.<br />
In questo contesto, la piccola impresa non deve perdere il contatto, diretto o indiretto,<br />
con la “filiera che apprende”. Per essere della partita, bisogna che la piccola impresa accetti<br />
parte dei rischi e degli investimenti che la condivisione e l’adattamento comportano. I<br />
subfornitori, ad esempio, possono trovarsi nella necessità di cambiare le proprie capacità<br />
e competenze per rispondere ad un committente che vuole altre cose, o per trovare sbocchi<br />
alternativi ad un committente che ha trovato altri fornitori.<br />
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14. Il primo passaggio essenziale per rivitalizzare le filiere: esplicitare il<br />
terziario implicito<br />
Sarebbe velleitario, tuttavia, immaginare che la piccola impresa possa far crescere al<br />
proprio interno le competenze necessarie per muoversi verso il globale e verso l’immateriale.<br />
Le proiezioni commerciali e l’intelligenza terziaria non possono crescere, e diventare<br />
eccellenti, in imprese manifatturiere che sono nate sotto un altro segno culturale, e che<br />
soprattutto non hanno la scala per saturare e “spesare” competenze specializzate create<br />
al proprio interno.<br />
Appesantire le attuali imprese manifatturiere di un terziario interno di bassa qualità, perché<br />
necessariamente sottodimensionato, non serve. Può solo portare a sfasciare la manifattura<br />
senza far partire un terziario competitivo in funzione di appoggio e di sostituzione.<br />
La soluzione è un’altra: bisogna esplicitare il terziario implicito. E far crescere le nuove<br />
aziende di servizi che possono emergere in risposta alla domanda di intelligenza terziaria