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Volume - Fondazione toscana sostenibile

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Il primo riguarda una riflessione attenta e profonda, e nello stesso tempo critica, sugli<br />

attuali “funzionamenti” della società <strong>toscana</strong> nell’assicurare reddito, qualità della vita,<br />

sostenibilità complessiva dello sviluppo. Le analisi condotte sull’evoluzione del sistema<br />

regionale negli ultimi anni e quelle che proiettano nel futuro le tendenze in atto sono al<br />

riguardo sufficientemente chiare: alcuni dei fondamentali modelli di funzionamento del<br />

sistema produttivo regionale mostrano sintomi evidenti di difficoltà.<br />

Appare necessaria una coraggiosa operazione di “selezione” volta a difendere, rafforzare,<br />

qualificare quelli ritenuti tuttora validi, nelle nuove condizioni della competizione<br />

internazionale, ma, contemporaneamente anche a sostituire quelli ritenuti deboli in una<br />

prospettiva futura, governando il processo di riconversione, nelle sue ricadute economiche,<br />

sociali, territoriali.<br />

Il secondo fronte è, strettamente connesso al primo: i profondi mutamenti in alcuni dei<br />

“funzionamenti” centrali del sistema regionale possono determinare significative<br />

“discontinuità” nelle relazioni produttive, sociali, territoriali, quali esito del cambiamento<br />

“forte”, quando questo va oltre il necessario, ma non sempre possibile, gradualismo dell’aggiustamento<br />

dei funzionamenti di cui sopra.<br />

L’individuazione delle discontinuità deve essere vissuta in modo positivo come stimolo<br />

all’innovazione, come opportunità, piuttosto che solo come minaccia, come terreno di<br />

sperimentazione della creatività e della ricerca di nuove frontiere, nell’economia e nella<br />

società, come momento di sviluppo e di crescita delle risorse regionali, come luogo dell’investimento<br />

futuro, come terreno di applicazione di politiche e progetti.<br />

Il terzo piano di riflessione riguarda la necessità di operare anche in direzione di una<br />

possibile ridefinizione dei “bisogni” come scelta “forte” per spostare gradualmente la società<br />

<strong>toscana</strong> sul terreno dello sviluppo qualitativo rispetto alle dimensioni tradizionali di<br />

quello quantitativo, anche da parte della domanda individuale e sociale. Partire anche dai<br />

bisogni, espressione delle aspettative nel momento in cui si traducono in consumo sociale<br />

e individuale, è anche un modo per distinguersi in una globalizzazione, dove si misura<br />

solo attraverso il PIL e il livello dei consumi, visti come unico obiettivo dello sviluppo. Porsi<br />

su questo piano, significa dare un valore fondante alla scelta della qualità della vita e della<br />

felicità degli individui e della collettività, un modo per dare una concreta finalità politica e<br />

programmatica all’obiettivo del “vivere bene” in Toscana. Significa anche ripensare i bisogni<br />

collettivi e individuali, come strumento del cambiamento verso una migliore qualità<br />

della vita, dell’ambiente, per un’energia pulita e rinnovabile, per uno welfare condiviso e<br />

solidale, per un forte investimento in formazione, ricerca e innovazione, per la<br />

sperimentazione di forme di convivialità e socialità, che poi trovano una loro espressione<br />

nei bisogni e nella domanda di consumo pubblico e privato.<br />

Tenere insieme i tre piani nel contesto ipotizzato di una crescita tendenziale su profili<br />

contenuti, almeno rispetto ai ritmi espansivi dei “nuovi entrati” sulla scena mondiale, è<br />

un’operazione politico-programmatica impegnativa, per molti aspetti in controtendenza<br />

con le dinamiche delle aree di nuova industrializzazione e le aspettative del capitale internazionale.<br />

Si tratta di ridefinire i tratti dello sviluppo regionale, in linea con quello che molti<br />

osservatori chiamano il “soft power” dell’Europa, individuato come valore in parte complementare,<br />

se non alternativo, alla crescita economica misurata dal PIL come unico metro<br />

dello sviluppo.<br />

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