Volume - Fondazione toscana sostenibile
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Le prospettive di policy<br />
Due questioni di scenario sembrano poter dettare le condizioni dello sviluppo della<br />
società <strong>toscana</strong> in una prospettiva di lungo periodo e, quindi, influenzare le politiche che<br />
dovranno essere impostate:<br />
1. una ragionevole prospettiva di crescita lenta, come risultato plausibile delle naturali<br />
tendenze della economia e della società<br />
2. una ragionevole prospettiva di risorse pubbliche non crescenti nell’ammontare complessivamente<br />
disponibile e costituite da componenti del tutto diverse rispetto al passato.<br />
• Crescita lenta, benessere intertemporale e le sfide della politica economica<br />
In merito al primo punto occorre fare una serie di precisazioni, dato che la nozione di<br />
slow growth è già assurta alla cronaca giornalistica e al dibattito politico, ma con la possibilità<br />
di generare anche degli equivoci. In primo luogo, tanto per dare un ordine di grandezza,<br />
la prospettiva di un tasso di crescita del prodotto potenziale, quindi un tasso tendenziale<br />
al netto dell’andamento ciclico inferiore al 2% non delinea uno scenario molto diverso<br />
rispetto a quello registrato nel decennio 1990-2001. Prima della profonda congiuntura recessiva<br />
2001-2005, infatti, non solo in Toscana, ma anche in Italia e in Europa, la crescita<br />
potenziale si è attestata appunto su livelli oscillanti intorno al 2% a fronte di un 3,5% degli<br />
USA, dove costantemente si è registrato un più elevato apporto del lavoro e della sua<br />
produttività.<br />
L’IRPET misura che il tasso di crescita del PIL potenziale si sia attestato in Toscana<br />
sull’1,8% nel periodo 1980-2002 (1,9% in Italia e 2,5% in Veneto che appare come la<br />
regione più dinamica) durante il quale, è bene ricordarlo, vi sono stati anche anni di boom<br />
consistente. La prospettiva di un tasso inferiore al 2%, se pur non esaltante se confrontato<br />
con quello su cui si attesteranno le regioni europee più dinamiche del Nord Europa (senza<br />
parlare delle regioni dei paesi asiatici emergenti), va dunque considerata come un obiettivo<br />
che difficilmente potremmo migliorare. In effetti, se si riprodurranno le condizioni generali<br />
della crescita che hanno operato in passato, non è sperabile conseguire in Toscana<br />
performance particolarmente più brillanti. In Italia, un tasso di crescita potenziale superiore<br />
è forse prevedibile, e certamente auspicabile, per alcune regioni meridionali, ma comunque<br />
il differenziale non potrà essere molto elevato. Del resto anche le previsioni OCSE<br />
indicano per l’Italia un tasso di crescita, di qui al 2020, decisamente inferiore al 2%.<br />
Le cause di fondo di una prospettiva di crescita più contenuta di quella sperimentata in<br />
USA e Asia, sulle quali si dibatte ormai da tempo, non sono tutte rimovibili perché evidentemente<br />
connaturate a dati di fondo dell’economia e della società europea. La bassa crescita<br />
dura oramai da così lungo tempo, specie in Italia ed in Toscana, da non poterla<br />
trattare semplicemente come un fatto occasionale. In altre parole lo slow growth appare un<br />
dato di fatto prima ancora che una scelta. La questione di fondo che ci si deve porre è se<br />
esso possa rappresentare un problema e perché.<br />
In realtà, se noi guardiamo allo sviluppo del benessere della nostra regione, l’immagine<br />
che ne traiamo è del tutto confortante: livello di reddito elevato e ben distribuito, elevata<br />
coesione sociale, buona qualità ambientale, speranza di vita e livello di salute elevati sono<br />
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