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Volume - Fondazione toscana sostenibile

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vincolate a reti di fornitori e sub-fornitori di componenti, parti e lavorazioni che si sono<br />

formate al loro intorno, come parti costituenti di sistemi produttivi verticalmente disintegrati.<br />

Il richiamo a questa specifica realtà strutturale e funzionale del sistema produttivo toscano<br />

è particolarmente opportuno in una fase di forte tensione concorrenziale che può<br />

compromettere l’integrità e la vitalità del tessuto artigianale, e quindi il “cuore manifatturiero”<br />

dei distretti industriali.<br />

La salvaguardia e la rivitalizzazione dei prodotti toscani nella loro distintività, attraverso<br />

la componente artigianale, costituiscono una prima tappa di un disegno di politica industriale<br />

più ampio.<br />

Troppo di frequente si pensa alla “qualità ed all’innovatività dei prodotti” come ad un<br />

fatto a sé stante, un obiettivo facile da perseguire; in effetti, oggi conta anche ed in molti<br />

casi soprattutto la “qualità delle imprese” che li inventano, realizzano e lanciano sul mercato.<br />

E oggi la “qualità delle imprese” rileva decisamente di più che per il passato, a causa di<br />

un innalzamento del livello della concorrenza, del contenuto di innovatività dei prodotti e<br />

dell’internazionalizzazione.<br />

Sotto questo profilo la Toscana ha molto da fare.<br />

Per poter riprendere un cammino di crescita è giocoforza attuare confacenti interventi<br />

di riprogettazione delle imprese, se si vogliono fronteggiare seriamente i rischi ed i pericoli<br />

di declino industriale che abbiamo di fronte. Occorre in sostanza reinventare e rimodulare<br />

un sistema delle imprese concepito e realizzato in un contesto di riferimento, quello degli<br />

anni 1960 e 1970, nettamente diverso dall’attuale, assumendo coscienza del fatto che<br />

anche i modelli di impresa come i prodotti invecchiano e vanno aggiornati e rinnovati.<br />

La frammentazione imprenditoriale della Toscana non ha l’eguale nell’ambito delle regioni<br />

italiane con maggiori tradizioni industriali (Nord Ovest) ed anche di quelle (Nord Est)<br />

con un modello industriale più giovane, maggiormente similare al nostro.<br />

Non ci sono ragioni plausibili e risultanze empiriche che indichino che i cosiddetti settori<br />

tradizionali, che costituiscono il core business dell’industria <strong>toscana</strong>, siano destinati<br />

irrimediabilmente a declinare. Anche in un mondo globale i beni di consumo finale del<br />

made in Tuscany potranno contare su mercati importanti e crescenti. Di certo però, in<br />

un’economia fortemente dinamica e interconnessa su scala globale, potranno avere un<br />

futuro soltanto i prodotti toscani di alta qualità e creatività, mentre la sopravvivenza non<br />

sarà più consentita alle imprese che non sapranno ristrutturarsi, riorganizzarsi e riqualificarsi<br />

convenientemente.<br />

Per un’impresa localizzata in una regione avanzata qual è la Toscana rimanere attestata<br />

su un business model in cui è la produzione l’asse portante della catena del valore, mentre<br />

sono assenti o carenti le fasi a monte (ricerca, innovazione, design, progettazione, ecc.) e<br />

le fasi a valle (marketing operativo, reti di vendita, contatti e servizi alla clientela, ecc.) è<br />

una scelta assolutamente perdente.<br />

Il vero problema della Toscana è che ci si è basati troppo a lungo, come asse portante<br />

della competitività, sulla organizzazione della filiera produttiva, sfruttando al massimo le proprietà<br />

del distretto industriale per contenere i costi ed aumentare la flessibilità produttiva. Per<br />

converso, si è operato poco e male per l’organizzazione delle imprese. La conseguenza è<br />

che oggi ci troviamo con “grandi distretti” e “piccole imprese” in una fase in cui, oltre che<br />

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