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Volume - Fondazione toscana sostenibile

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un interesse diretto -imperfettamente percepito- a salvare e sviluppare il capitale sociale<br />

locale, che di quello “stile di vita” è, insieme, il risultato e la premessa 19 .<br />

Un altro aspetto di questo stesso problema è dato dal fatto che l’interdipendenza stretta di<br />

aspetti economici, sociali e politici, che si realizza nel distretto industriale in marcia, attribuisce,<br />

almeno virtualmente, attraverso l’elezione del governo locale, ai lavoratori dipendenti, maggioranza<br />

della popolazione, un potere controbilanciante rispetto al potere che risulta dalla proprietà<br />

dei mezzi di produzione appropriabili. E non alludo qui, banalmente, al controllo pubblico<br />

degli insediamenti industriali o alla politica dei servizi per l’industria, ma alla sostanziale -anche<br />

se non formale- collocazione delle strategie produttive delle imprese nei piani di sviluppo della<br />

comunità. Piani di sviluppo che implicano un esame pubblico delle prospettive economiche del<br />

distretto industriale e un accordo fra le parti in causa. La combinazione informazione-mercatopiano<br />

di sviluppo che si realizza nel distretto industriale, approssima al meglio, mi pare, il<br />

concetto di democrazia sostanziale.<br />

Il senso “scientifico” di questo discorso -ripeto, qui solo accennato- è che l’analisi economica<br />

da sola, non riesce a cogliere l’interdipendenza fra tutti gli aspetti del problema e<br />

quindi porta fuori strada. Trasportare l’analisi distrettuale a livello aziendalistico, spostando<br />

ulteriormente l’accento da ciò che è “profondo” (gli effetti degli scenari supposti sui collanti<br />

e i combustibili fondamentali del distretto) a ciò che è “superficiale” (le vicende della popolazione<br />

delle imprese) può solo peggiorare le cose.<br />

Insomma il distretto industriale è un microcosmo socio-economico, che deve essere<br />

aggredito analiticamente con gli strumenti di più discipline sociali, mai dimenticando, tuttavia,<br />

il suo significato generale di forma particolare dell’economia di mercato. Non mi illudo<br />

di averlo fatto qui in modo adeguato, ma spero, ripeto, di avere almeno mostrato l’insufficienza<br />

delle analisi angustamente economiche.<br />

Ma il discorso sul distretto industriale non sarebbe completo se non ne sottolineassimo la<br />

natura dinamica di processo di industrializzazione e, al tempo stesso, di organizzazione territoriale.<br />

In un lavoro di A. e M.P. Marshall del 1879 si legge: “in questi distretti la divisione del lavoro<br />

è andata oltre, al punto che i diversi settori hanno scelto località diverse (…) quelli che lavorano<br />

la lana non vivono in generale fra i lavoratori del cotone del Lancashire, ma si concentrano nello<br />

Yorkshire, suddividendosi ulteriormente in quelli che lavorano la lana cardata e quelli che lavorano<br />

la lana pettinata; distinguendosi poi, a loro volta, in varie fasi, ognuna delle quali si stabilisce<br />

in una diversa località.” 20 Questa è una rappresentazione classica, in forma descrittiva,<br />

della proliferazione distrettuale. Qui ciò che si moltiplica - sottolineo - non sono primariamente<br />

le imprese, ma gli insediamenti urbani e produttivi.<br />

Ebbene, se osserviamo il processo d’industrializzazione leggera della Valle dell’Arno in<br />

questo dopoguerra -ad es. la formazione della cosiddetta “campagna urbanizzata”- la<br />

19 Si riempie così di significato la formula -la “nostra industria”- riferita all’apparato produttivo pratese, apparentemente<br />

velleitaria, usata dai lavoratori pratesi negli anni cinquanta.<br />

20 A. e M.P. Marshall, 1979,.p.47 (mia traduzione)<br />

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