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Volume - Fondazione toscana sostenibile

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mentalmente tenuto ad eseguire ordini e seguire istruzioni, all’interno di obblighi contrattuali<br />

abbastanza definiti, nel caso dei beni differenziati e personalizzati, egli deve cercar di<br />

comprendere, nelle numerose situazioni aperte a più soluzioni che gli si presentano, quale<br />

sarà l’effetto di ogni suo comportamento, sul valore di mercato della merce in lavorazione.<br />

Non c’è chi non conosca di persona la difficoltà di coordinare l’intervento di più artigiani<br />

nella rifinitura, ad esempio, di un appartamento: o manca il falegname, o salta l’elettricista,<br />

o latita il fontaniere, e così via. Se questa mancanza di sincronismo, dovuta a tanti piccoli<br />

monopoli spaziali, si verificasse nel distretto, il distretto non potrebbe funzionare. Fortunatamente,<br />

nel distretto: a) ogni fase è coperta da molti fornitori (perlopiù piccoli) in concorrenza<br />

fra loro, talché nessuno di loro può fornire prestazioni molto inferiori al “fornitore<br />

rappresentativo”, senza correre il rischio di essere espulso dal mercato di fase; b) esistono<br />

agenti (io li chiamo “integratori flessibili” 12 ) che operano professionalmente a cavallo del<br />

coordinamento dei fornitori e dell’esplorazione del mercato (nella tradizione pratese<br />

l’“impannatore”). Ogni subfornitore (nella tradizione pratese il “terzista”), per mantenere la<br />

stima di affidabilità presso gli agenti che governano le commesse, si sforza di rispettare gli<br />

impegni presi, per qualità di prestazione, tempo di consegna, ecc..<br />

Il rispetto generalizzato - a parte situazioni eccezionali, riconosciute come tali - degli<br />

impegni reciproci, prevalente nel distretto, contribuisce a crearvi un clima “locale” di fiducia<br />

fra gli agenti, diverso e maggiore, rispetto a quello che prevale fra agenti che vivono in<br />

ambienti sociali diversi. Si crea, cioè, una “strana” congruenza fra il rispetto di sé e la<br />

convenienza economica (honesty is the best policy, dicono gli inglesi) che costituisce un<br />

autentico collante morale fra i membri del distretto industriale. Ciò costituisce la parte essenziale,<br />

più originale e più difficile da cogliere di quello che si chiama il “capitale sociale”<br />

del distretto industriale 13 . Da ciò, un abbassamento del costo dell’”uso del mercato” - cioè<br />

del ricorso al far fare a terzi quello che si potrebbe anche fare, attrezzandosi appositamente,<br />

all’interno dell’impresa 14 - che induce un’accelerazione della spinta alla divisione del<br />

lavoro, ovvero alla specializzazione produttiva. Da questa tendenza alla scomposizione<br />

progressiva delle fasi del processo distrettuale, discende una accelerazione, rispetto ad<br />

altri ambienti industriali, della velocità di crescita della produttività del lavoro 15 .<br />

Un aspetto pure importante del capitale sociale è costituito dalla capacità diffusa degli agenti<br />

produttivi del distretto di coniugare il know how della tradizione locale (io parlo di “sapere contestuale”<br />

che contrappongo al “sapere codificato” 16 ) con gli apporti della tecnica più aggiornata. Il terreno su cui<br />

s’incontrano queste due vene di know how produttivo è spesso il design, contiguo peraltro alla progettazione<br />

tecnica del prodotto. Si può anche dire che una componente essenziale del vantaggio competitivo<br />

distrettuale, è data precisamente dalla diffusa capacità di innestare la tecnica più raffinata in una manualità<br />

artigiana maturata nei secoli. Non si tratta dunque di un patrimonio che si consuma nell’uso, ma di un<br />

12 Per una spiegazione del termine rinvio a: Becattini G. e Rullani E., 1993.<br />

13 Cfr. Per tutti: Coleman, J.S., 2005 e la Rivista Stato e Mercato che gli dedica molta attenzione.<br />

14 Cfr. Per un’applicazione al distretto industriale, di questo schema di ragionamento, si veda, ad es. Dei Ottati G. 1986<br />

15 Su questo processo mi sono espresso più ampiamente in Becattini G. 2000.<br />

16 Anche per questi termini rinvio a Becattini G. e Rullani E. (1993)<br />

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