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Volume - Fondazione toscana sostenibile

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a tutta la società italiana) il problema dell’assistenza, oltreché delle cure medico-sanitarie.<br />

Tre elementi concorrono ad aggravare il problema per questo gruppo in forte espansione.<br />

Il primo è la crescente tendenza degli anziani a vivere per conto proprio. Il secondo è l’alta<br />

proporzione di anziani invalidi che vengono accuditi dai familiari, e il rarefarsi -per ragioni<br />

demografiche- delle reti familiari. Il terzo è l’incidenza relativamente modesta di residenze<br />

dedicate. La forte espansione dell’assistenza fornita da stranieri (particolarmente donne)<br />

permette, per ora, di contenere il problema. Ma il concorrere dei tre fattori sopra citati, ed<br />

un’eventuale ristrutturazione dei flussi d’immigrazione verso profili professionali più elevati<br />

potrebbe aggravare il problema, e rendere necessario un potenziamento dell’intervento<br />

pubblico.<br />

Politiche che tendano a “potenziare” i giovani, sotto il profilo della formazione, del conseguimento<br />

dell’autonomia, del lavoro e di un minimo di stabilità di reddito sono prioritarie.<br />

Se esse riescono ad immettere con minor ritardo i giovani nella vita socialmente ed economicamente<br />

attiva, assecondano la crescita della produttività e lo sviluppo. Se i giovani<br />

sono una risorsa scarsa, occorre investire di più su di essi. Ma occorre porre seriamente in<br />

discussione il “come” investire. Per esempio, sul fronte dell’istruzione e della formazione,<br />

non sembra prioritario inseguire ad ogni costo gli obiettivi “quantitativi” di Lisbona. Un<br />

aumento continuo dell’istruzione “terziaria”, oltre determinate soglie, può avere rendimenti<br />

decrescenti, sottraendo persone - poco motivate a proseguire gli studi - ad altre possibili<br />

attività di maggiore soddisfazione o di maggior remunerazione. Occorre semmai a) rafforzare<br />

l’istruzione secondaria; b) eliminare le distorsioni nell’istruzione universitaria nella<br />

quale perdono peso gli indirizzi di studio tecnico-scientifici. Distorsioni che sono più forti<br />

per le donne che non per gli uomini. Politiche di “potenziamento” dei giovani possono<br />

avere anche il positivo effetto di accellerare la transizione all’autonomia e di invertire il<br />

ritardo riproduttivo che è uno dei fattori della bassissima natalità.<br />

Nel campo delle migrazioni, l’istituzione regionale dovrebbe concorrere in modo più<br />

incisivo nel determinare le politiche dei flussi, oggi decise a livello centrale (seppure dopo<br />

consultazione con le regioni). Sarà inevitabile che nel futuro si pongano in atto incentivi<br />

allo scopo di attrarre migranti di alto profilo professionale. Un settore nel quale la Toscana<br />

può giuocare un ruolo molto importante è quello dell’alta formazione, che potrebbe attrarre<br />

un numero crescente di studenti stranieri e rafforzare ulteriormente vincoli internazionali<br />

essenziali per un’economia orientata all’esportazione. Il ruolo delle tre Università di Firenze,<br />

Pisa e Siena, e di altre importanti istituzioni presenti nella regione, può essere determinante.<br />

Sempre collegato al flusso, presumibilmente crescente, dell’immigrazione e alla crescita<br />

dello stock di stranieri, è la questione delle seconde generazioni degli immigrati che si pone<br />

come problema da affrontare con lungimiranza e larghezza di mezzi. Mentre la prima generazione<br />

di immigrati, proveniente per lo più da situazioni di grave disagio, ha messo nel conto la<br />

durezza dell’inserimento nella società ospite, la situazione della seconda generazione è molto<br />

diversa. Essa cresce in una società relativamente opulenta: il suo termine di paragone non è la<br />

(povera) società di origine ma quella propria dei loro coetanei autoctoni. I processi di inserimento<br />

e di integrazione delle seconde generazioni debbono essere oggetto di attente politiche -<br />

prima tra le quali quelle della scuola (soprattutto della scuola pubblica) che è la leva più potente<br />

dell’integrazione. Ma questo non basta: occorre che i figli degli immigrati vedano aperti dinnanzi<br />

a loro meccanismi di mobilità sociale analoghi a quelli accessibili agli autoctoni. C’è, altrimenti,<br />

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