Volume - Fondazione toscana sostenibile
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prima fra tutte l’Area Fiorentina, che pur senza livelli elevati di specializzazione produttiva<br />
risentono comunque degli effetti legati alla mobilità ed ai trasporti. Rispetto a tali aree, si<br />
evidenzia infine un’ampia porzione del territorio in cui ad una scarsa attività produttiva è<br />
associato anche un basso livello delle pressioni ambientali prodotte: è il caso dei Sel dell’area<br />
meridionale della Toscana e di quelli corrispondenti all’arco Appenninico e delle<br />
Apuane. Più complessa appare infine la valutazione di alcuni Sel della costa il cui modello<br />
di sviluppo appare caratterizzato da una forte specializzazione turistica, che risulta più<br />
complessa da valutare sia in termini economici (valutazione della ricchezza prodotta con<br />
effettive ricadute sul territorio locale) che ambientali (valutazione delle pressioni ambientali<br />
in un sistema fortemente aperto).<br />
Complessivamente, dal quadro sinteticamente esposto, sembra emergere una situazione<br />
in cui l’industria <strong>toscana</strong> non sembra aver trovato ancora nuove e più incisive modalità di produzione<br />
che possano garantire un maggiore contenimento delle pressioni ambientali prodotte.<br />
Considerando che i consumi energetici e la produzione di rifiuti continuano a crescere<br />
anno per anno con una percentuale che è più di 3 volte superiore a quella del PIL, è<br />
plausibile sostenere una sostanziale inefficienza economico-ambientale del sistema produttivo<br />
toscano. In termini di eco-efficienza, quindi, emerge una scarsa attenzione alla<br />
produzione di beni a basso impatto ambientale.<br />
In conclusione, gli andamenti di molti degli indicatori proposti, sembrano essere legati ad un<br />
modello di vita e di consumo ancora basato su un crescente impiego di risorse naturali.<br />
Un modello a cui applicare il concetto di discontinuità.<br />
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4. Gli scenari evolutesi per una Toscana “diversamente sviluppata”<br />
Da quanto riportato emerge la necessità di mettere in campo, in ambito regionale, ogni<br />
risorsa umana e ambientale, di conoscenza, economica e sociale, per rispondere alle<br />
discontinuità subite e che si prevede subiremo nell’ immediato futuro, con discontinuità ricercate,<br />
consapevoli e condivise. È necessaria innanzitutto una pubblica amministrazione di<br />
qualità in grado di garantire, integrazione, efficienza, efficacia, trasparenza e partecipazione<br />
ai processi decisionali in funzione dello sviluppo ambientalmente e socialmente <strong>sostenibile</strong>.<br />
Deve essere rafforzato il mercato sociale sul piano dell’orientamento e governo della domanda<br />
e sul piano del controllo dell’offerta, mirando alla riduzione dell’uso delle risorse non<br />
rinnovabili, all’allargamento dell’uso <strong>sostenibile</strong> di quelle rinnovabili, alla riduzione dei rifiuti e<br />
al loro riciclo. Deve diventare un elemento fondante la centralità dello sviluppo della società<br />
della conoscenza e del Lavoro per la qualità della vita e dell’ambiente.<br />
Nel quadro dei cambiamenti descritti, la discontinuità da ricercarsi muove a partire da<br />
ciò che viene definita “crescita lenta” e/o “sviluppo lento”, che socialmente e culturalmente<br />
assumono la lentezza come valore positivo, non solo nel senso antagonista alla categoria<br />
del “veloce”, ma anche in termini di qualità, gusto, conoscenza e sapienza: in sintesi di<br />
“sviluppo dolce”.<br />
Condizione preliminare del modello proposto è, naturalmente, che lo “sviluppo” voluto<br />
e cercato sia in grado di rispondere alle domande della popolazione che invecchia, dei<br />
giovani immigrati, alla richiesta di mobilità, di salute e di istruzione, che dovranno continua-