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Volume - Fondazione toscana sostenibile

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colo dei principi fondamentali che lo Stato vorrà definire su ogni settore; infine, tutte le<br />

materie residuali -che costituiscono una parte assai rilevante- sono state attribuite all’esclusiva<br />

competenza regionale e su queste le Regioni possono legiferare in piena autonomia<br />

rispettando unicamente il dettato costituzionale.<br />

Con il Ddl di riforma costituzionale approvato dal Senato alla fine di marzo, che per<br />

diventare legge dovrà superare un’altra lettura da parte delle Camere e, probabilmente,<br />

passare al vaglio della ratifica popolare tramite referendum, potrebbero essere introdotte<br />

novità importanti come il Senato federale e l’abbandono del bicameralismo perfetto, oltre<br />

ad un ulteriore cambiamento nel riparto della potestà legislativa fra Stato e Regioni. Infatti,<br />

la distribuzione delle materie fra centro e periferia è stata rivista con un ritorno all’accentramento<br />

in alcuni casi e con una più accentuata “devolution” in altri. Secondo questa proposta,<br />

alle Regioni verrà affidata la legislazione esclusiva anche sull’assistenza e l’organizzazione<br />

sanitaria, sull’organizzazione scolastica e sulla polizia regionale e locale; tra le<br />

materie di esclusività statale invece saranno inserite la sicurezza sul lavoro, la tutela della<br />

salute, la produzione e distribuzione di energia, la promozione internazionale del sistema<br />

economico e qualche altra voce minore (come l’ordinamento sportivo nazionale e quello<br />

delle professioni intellettuali).<br />

Naturalmente, a partire da questo quadro ancora in evoluzione, non è immediato prevedere<br />

quale sarà effettivamente l’autonomia delle amministrazioni regionali e locali, che<br />

dipenderà dai rapporti finanziari che verranno instaurati fra i vari livelli di governo, ovvero<br />

dal decentramento delle risorse: in termini generali i meccanismi del federalismo fiscale<br />

sono delineati nell’art.119 della Costituzione, peraltro non toccato dalla nuova riforma costituzionale<br />

in corso di approvazione, ma che non ha ancora trovato attuazione. In base a<br />

questo articolo le risorse finanziarie degli enti territoriali potranno appartenere esclusivamente<br />

alle seguenti categorie:<br />

a) entrate proprie<br />

b) compartecipazioni ai tributi erariali<br />

c) quote di un fondo perequativo<br />

d) e, eventualmente, risorse statali aggiuntive, se finalizzate a rimuovere squilibri esistenti<br />

e/o a garantire ovunque l’esercizio dei diritti alla persona.<br />

Su ognuna di queste voci gravano ancora molte incertezze così sintetizzabili:<br />

• come si conciliano i principi statali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema<br />

tributario con il fatto che tale materia è a legislazione concorrente?<br />

• in cosa consiste la “territorialità” delle compartecipazioni ai tributi erariali che saranno<br />

assegnate alle Regioni?<br />

• il fondo perequativo sarà ovviamente solidaristico, ma chi lo alimenterà e quanto sarà<br />

perequativo?<br />

• e, infine, sebbene i trasferimenti statali vincolati siano stati soppressi, le risorse statali<br />

aggiuntive nominate nell’art.119 non riaprono forse una strada in questo senso?<br />

In definitiva, quindi, le scelte che verranno compiute sul decentramento delle risorse<br />

determineranno il modello di federalismo che si vorrà rendere operativo nel nostro Paese,<br />

e che potrà essere più o meno competitivo e più o meno solidale, a seconda del rilievo che<br />

verrà attribuito ai tributi propri o alle compartecipazioni, e a seconda del tipo di perequazione,<br />

debole o forte, che sarà adottata. Ne deriva che sarebbe stato necessario leggere gli arti-<br />

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