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Volume - Fondazione toscana sostenibile

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Le principali ragioni di questo peculiare comportamento del sistema regionale toscano<br />

possono essere associate ad una molteplicità di eventi, tra cui: 1) la scarsa diffusione del<br />

modello distrettuale sul territorio: dal 1971 al 2001 le aree manifatturiere toscane restano<br />

sostanzialmente ancorate ai luoghi originari dell’industrializzazione leggera (unica eccezione<br />

lo sviluppo di sistemi di PMI lungo l’asse Firenze-Arezzo); 2) la crisi della grande<br />

industria della costa, non compensata dall’emersione di modelli di sviluppo locale con<br />

analoghe capacità di crescita (turismo e valorizzazione ambientale hanno rappresentato<br />

alternative di sviluppo importanti per piccole comunità, ma con un impatto minimo sulla<br />

crescita regionale); 3) la minore crescita del terziario nella regione, specie dei servizi alle<br />

imprese, che ha rappresentato un freno per lo sviluppo manifatturiero, dato che la<br />

globalizzazione richiede un maggior supporto di servizi specializzati; 4) la bassa crescita<br />

dei settori di specializzazione della regione (le esportazioni dei settori moda sono fra quelle<br />

che meno sono cresciute a partire dalla metà degli anni ‘90).<br />

Certo è che la forte frammentazione del sistema produttivo toscano non la si può far<br />

dipendere solo dal mix settoriale. Difatti, se si ipotizza che in ciascun settore manifatturiero<br />

le imprese toscane abbiano la stessa ripartizione per classi dimensionali rilevata mediamente<br />

a livello nazionale, si ottiene una distribuzione (teorica) degli addetti per dimensione<br />

d’impresa che appare assai meno sbilanciata sulle piccole dimensioni di quanto non si<br />

osservi nella realtà. In altre parole, se le imprese toscane operanti nei vari settori di appartenenza,<br />

avessero la stessa composizione dimensionale che si rileva nei corrispondenti<br />

settori a scala nazionale, gli addetti alle microimprese non sarebbero il 34% ma il 28%,<br />

mentre quelli impiegati nelle imprese con oltre 100 dipendenti assorbirebbero una quota (il<br />

25%) assai più elevata di quella osservata (il 18,3%) (Tab. 3.5).<br />

68<br />

Tabella 3.5<br />

ADDETTI ALLE IMPRESE MANIFATTURIERE PER CLASSI DIMENSIONALE TEORICA ED EFFETTIVA<br />

Valori percentuali. Anno 2001<br />

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT (8° Censimento dell’industria e dei servizi)<br />

Classi dimensionali 1-9 10-19 20-49 50-99 100-250 Oltre 250 TOTALE<br />

ITALIA: distrib. reale degli addetti 25,8 15,9 17,4 11,3 12,7 16,8 100,0<br />

TOSCANA: distrib. reale degli addetti 34,4 20,8 18,6 8,0 8,6 9,7 100,0<br />

TOSCANA: distrib. teorica degli addetti 28,0 17,2 18,3 11,3 12,0 13,1 100,0<br />

Si è quindi consolidata nel sistema toscano una particolare forma di fare impresa che,<br />

sin dagli anni più fortunati dei distretti industriali ad oggi, è rimasta fortemente connotata<br />

dalla leggerezza strutturale e dai forti legami con la famiglia proprietaria e più in generale<br />

con la comunità locale. Peraltro, un tratto caratteristico comune delle imprese italiane, e<br />

anche di quelle toscane, (specie delle piccole) è la prevalenza delle ditte individuali e, a<br />

seguire, delle società di persone. Negli anni, queste forme giuridiche sono via via diminuite<br />

in favore delle società di capitali che hanno aumentato il loro peso. Tuttavia, l’intensità con<br />

cui tale fenomeno si è manifestato è diversa da regione a regione. Nel 2003, in Toscana,<br />

dove il cambiamento è stato relativamente più debole, le società di capitale costituiscono<br />

una quota di almeno 4 punti percentuali più ridotta rispetto alle altre regioni del Centro<br />

Nord: le società di capitale sono infatti il 19% del totale e impiegano il 56% degli addetti; in

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