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Volume - Fondazione toscana sostenibile

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isultati difformi, ma coerenti con le loro preferenze. In alcuni casi, poi, un eccesso di equità può<br />

costituire un freno alla crescita. L’argomento è talmente complesso che meriterebbe una trattazione<br />

specifica in altra sede. Qui, molto più modestamente, si espongono -scevre da ogni giudizio<br />

di valore- alcune evidenze empiriche, che al momento–in attesa di ulteriori verifiche e riflessioni-<br />

ci consentono di avanzare il seguente ragionamento: la Toscana fonda il suo modello di<br />

sviluppo sul binomio crescita e coesione sociale (ieri); tale binomio subisce la pressione di numerosi<br />

fattori, prevalentemente esogeni (oggi); ci attende una maggiore disuguaglianza (domani);<br />

se a questo scenario non si accompagnerà una crescita più sostenuta di quella attuale e di quella<br />

registrata negli ultimi anni, l’equilibrio raggiunto fra la dimensione quantitativa e quella qualitativa<br />

dello sviluppo-che trova una felice sintesi in ciò che oggi chiamiamo benessere- rischia di non<br />

essere più ottimale, ma di diventare addirittura un ostacolo nella ricerca di nuovi e più avanzati<br />

traguardi da raggiungere.<br />

228<br />

14.2<br />

Il tenore di vita delle famiglie toscane: un confronto regionale<br />

La Toscana è una delle regioni a più elevato benessere economico: il reddito delle famiglie<br />

toscane è sempre superiore alla media nazionale, sia che si impieghino i dati della Banca D’Italia<br />

che quelli dell’ISTAT. Il confronto territoriale rivela inoltre l’esistenza di una correlazione positiva<br />

fra disuguaglianza e sviluppo economico (Tab. 14.1). La concentrazione dei redditi risulta infatti<br />

essere superiore nel Mezzogiorno, come si desume dai valori dell’indice di Gini che è tanto più<br />

alto quanto maggiore è la disuguaglianza: i più elevati livelli si rilevano in Sicilia, Campania Puglia,<br />

Calabria e Basilicata; i più bassi in Umbria, nelle Marche, in Emilia Romagna, Piemonte, Veneto<br />

e Toscana.<br />

Una conferma delle tendenze distributive appena descritte ci è fornita dall’analisi dei livelli di<br />

povertà relativa ed assoluta.<br />

I tassi di povertà relativa sono ricavati impiegando la metodologia adottata da Eurostat, secondo<br />

cui sono poveri tutti gli individui che possiedono un reddito familiare equivalente inferiore<br />

al 60% del valore mediano della distribuzione. La povertà è cioè valutata a livello di singolo<br />

individuo, dopo che i redditi familiari sono stati espressi in termini equivalenti e a ciascun individuo<br />

è stato assegnato il reddito del nucleo di appartenenza. La variabile economica di riferimento<br />

è quindi il reddito, mentre l’unità di analisi è l’individuo e le stime che si ricavano identificano le<br />

persone povere con quelle “a basso reddito”: si è poveri non tanto, e non solo, se si è indigenti in<br />

senso assoluto, ma anche se non si è in grado di accedere al tenore di vita che riflette gli stili di<br />

vita prevalenti.<br />

La nozione di povertà assoluta riflette invece una situazione di indigenza. In Italia l’ISTAT<br />

stabilisce come soglia di povertà assoluta un valore di spesa relativo ad un paniere composto da<br />

una componente alimentare, una componente abitazione, una componente relativa alle quote di<br />

ammortamento dei principali beni durevoli (televisore, frigo, ecc.) ed infine una componente relativa<br />

ad alcune voci di spesa residuale legate al consumo di vestiario, calzature, trasporti, attività<br />

ricreative e poco altro. L’insieme delle tre voci e della spesa residuale costituisce uno standard di<br />

spesa sufficiente a garantire un livello di vita modesto, ma tale da evitare forme di esclusione<br />

sociale.

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