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Alumnae | Ingegnere e Tecnologie | Alumni Politecnico di Milano

Le Alumne condividono la loro storia, in un dialogo virtuale con le future studentesse, per invitarle tutte a fare questa bellissima esperienza che si chiama Politecnico di Milano. 67 laureate in ingegneria tra il 1990 e il 2014, 67 modi diversi di essere ingegnere, tutti accomunati dalla competenza e dalla passione per il proprio lavoro. Quella degli Alumni è una community composta da circa 200 mila professionisti, architetti, designer e ingegneri, di tutte le età e da oltre 100 paesi nel mondo. Il libro “Alumnae” scatta una fotografia in primo piano di uno spaccato di questa grande famiglia politecnica, un primo passo per iniziare a conoscere più da vicino il mondo degli Alumni.

Le Alumne condividono la loro storia, in un dialogo virtuale con le future studentesse, per invitarle tutte a fare questa bellissima esperienza che si chiama Politecnico di Milano.
67 laureate in ingegneria tra il 1990 e il 2014, 67 modi diversi di essere ingegnere, tutti accomunati dalla competenza e dalla passione per il proprio lavoro.


Quella degli Alumni è una community composta da circa 200 mila professionisti, architetti, designer e ingegneri, di tutte le età e da oltre 100 paesi nel mondo.
Il libro “Alumnae” scatta una fotografia in primo piano di uno spaccato di questa grande famiglia politecnica, un primo passo per iniziare a conoscere più da vicino il mondo degli Alumni.

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competenze reali <strong>di</strong> ogni persona, al <strong>di</strong> là dell’età, della cultura,<br />

del genere. Una struttura <strong>di</strong> questo tipo richiederà professionalità<br />

<strong>di</strong>verse, che abbiano non solo competenze hard in uno specifico<br />

settore, ma anche e soprattutto quelle soft skill che saranno<br />

cruciali nel guidare, e non solo gestire, un ecosistema complesso<br />

<strong>di</strong> persone. Il manager <strong>di</strong>venterà sempre più coach, stimolando<br />

l’organizzazione ad evolvere valorizzando gli asset noti ma anche<br />

il potenziale nascosto, e <strong>di</strong>venterà anche sempre più impren<strong>di</strong>tore,<br />

per guidare i processi decisionali in un contesto <strong>di</strong> incertezza<br />

e volatilità. C’è bisogno, per questo, <strong>di</strong> profili con la capacità <strong>di</strong><br />

comprendere i processi tecnologici: scienziati, ingegneri, fisici, chimici,<br />

sviluppatori software e me<strong>di</strong>ci, così come <strong>di</strong> tante altre figure<br />

professionali che operano in un contesto permeato <strong>di</strong> tecnologie.<br />

E, se è vero che in alcuni contesti industriali vi sono ancora poche<br />

donne nelle funzioni tecnologiche (ad esempio progettazione e<br />

produzione), è anche vero che quando ho l’opportunità <strong>di</strong> interagire<br />

con team ibri<strong>di</strong> vedo una macchina <strong>di</strong>versa, con un motore<br />

capace <strong>di</strong> girare a <strong>di</strong>verse velocità, con un uno stile <strong>di</strong> guida<br />

che cambia in funzione del contesto e delle sfide progettuali. Così<br />

dovrebbero essere le aziende, degli ecosistemi ibri<strong>di</strong> che creano<br />

valore dalla <strong>di</strong>versità.<br />

Nulla <strong>di</strong> tutto questo può essere fatto senza passione. È importante<br />

scegliere un percorso che ha quel non-so-che che ci fa<br />

innamorare. Ma per innamorarsi è necessario incontrarsi. È pertanto<br />

vitale che le ragazze (così come i ragazzi) siano esposte fin<br />

da bambine alle tecnologie, che possano giocare col lego e non<br />

solo con le bambole, che possano pedalare con una mountain<br />

bike e non con una mirella col cestino. La passione, l’entusiasmo,<br />

l’intuizione che “quella è la strada per noi” è qualcosa che nasce<br />

dalla nostra storia. Io, al liceo, ho fatto stu<strong>di</strong> classici già sapendo<br />

però che avrei stu<strong>di</strong>ato ingegneria: era il mio sogno fin da piccola.<br />

Mia mamma per questo mi chiamava Grisù, come il draghetto<br />

che sognava <strong>di</strong> fare il pompiere, perché continuavo a ripetere: «Da<br />

grande farò l’ingegnere!».<br />

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