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Alumnae | Ingegnere e Tecnologie | Alumni Politecnico di Milano

Le Alumne condividono la loro storia, in un dialogo virtuale con le future studentesse, per invitarle tutte a fare questa bellissima esperienza che si chiama Politecnico di Milano. 67 laureate in ingegneria tra il 1990 e il 2014, 67 modi diversi di essere ingegnere, tutti accomunati dalla competenza e dalla passione per il proprio lavoro. Quella degli Alumni è una community composta da circa 200 mila professionisti, architetti, designer e ingegneri, di tutte le età e da oltre 100 paesi nel mondo. Il libro “Alumnae” scatta una fotografia in primo piano di uno spaccato di questa grande famiglia politecnica, un primo passo per iniziare a conoscere più da vicino il mondo degli Alumni.

Le Alumne condividono la loro storia, in un dialogo virtuale con le future studentesse, per invitarle tutte a fare questa bellissima esperienza che si chiama Politecnico di Milano.
67 laureate in ingegneria tra il 1990 e il 2014, 67 modi diversi di essere ingegnere, tutti accomunati dalla competenza e dalla passione per il proprio lavoro.


Quella degli Alumni è una community composta da circa 200 mila professionisti, architetti, designer e ingegneri, di tutte le età e da oltre 100 paesi nel mondo.
Il libro “Alumnae” scatta una fotografia in primo piano di uno spaccato di questa grande famiglia politecnica, un primo passo per iniziare a conoscere più da vicino il mondo degli Alumni.

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Diventai rapidamente capocommessa e in quel periodo seguii<br />

progetti in Me<strong>di</strong>o Oriente e in Giappone: lì sì che c’è tanta <strong>di</strong>scriminazione<br />

nei confronti delle donne. Quando si affrontano progetti<br />

con gruppi multinazionali è importante tenere conto delle <strong>di</strong>fferenze<br />

culturali, non per tirarsi in<strong>di</strong>etro, ma per esserne consapevoli<br />

e saperle gestire. L’ho imparato, come si <strong>di</strong>ce, per “trial and<br />

error”. In Giappone, per esempio, nessuno <strong>di</strong> noi era preparato.<br />

Ci hanno messi in una stanza negoziale per 15 giorni, i giapponesi<br />

non mi parlavano perché non mi riconoscono come interlocutore,<br />

ho dovuto fare affidamento sui miei collaboratori. Le situazioni<br />

critiche e inaspettate sono anche quelle in cui ve<strong>di</strong> la forza del<br />

team. Alla fine della negoziazione, i colleghi giapponesi mi chiamavano<br />

“san”. Un accordo da 40 milioni chiuso sulla parola, senza<br />

firmare niente, come loro consuetu<strong>di</strong>ne. Nella mia esperienza ho<br />

percepito che questo è il vantaggio dell’ingegnere: a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

un professionista del marketing, si guadagna il rispetto dei colleghi<br />

su un contenuto tangibile, su campo battaglia in cui contano<br />

competenze tecniche, misurabili, forse più facili da comprendere.<br />

Per questa ragione credo sia più facile (e anche più affascinante)<br />

fare l’ingegnere che lavorare nel marketing, che ha a che fare con<br />

l’arte della comunicazione e con la percezione non oggettiva. Negli<br />

anni ho capito che era importante anche coltivare le capacità<br />

manageriali e mi sono riiscritta al Poli, a un master in business<br />

administration del MIP. Era complementare alle competenze hardcore<br />

degli ingegneri, fatto apposta per noi. Quelle manageriali<br />

sono competenze meno “dure” rispetto agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> ingegneria,<br />

ma sono importanti per crescere professionalmente.<br />

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