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Alumnae | Ingegnere e Tecnologie | Alumni Politecnico di Milano

Le Alumne condividono la loro storia, in un dialogo virtuale con le future studentesse, per invitarle tutte a fare questa bellissima esperienza che si chiama Politecnico di Milano. 67 laureate in ingegneria tra il 1990 e il 2014, 67 modi diversi di essere ingegnere, tutti accomunati dalla competenza e dalla passione per il proprio lavoro. Quella degli Alumni è una community composta da circa 200 mila professionisti, architetti, designer e ingegneri, di tutte le età e da oltre 100 paesi nel mondo. Il libro “Alumnae” scatta una fotografia in primo piano di uno spaccato di questa grande famiglia politecnica, un primo passo per iniziare a conoscere più da vicino il mondo degli Alumni.

Le Alumne condividono la loro storia, in un dialogo virtuale con le future studentesse, per invitarle tutte a fare questa bellissima esperienza che si chiama Politecnico di Milano.
67 laureate in ingegneria tra il 1990 e il 2014, 67 modi diversi di essere ingegnere, tutti accomunati dalla competenza e dalla passione per il proprio lavoro.


Quella degli Alumni è una community composta da circa 200 mila professionisti, architetti, designer e ingegneri, di tutte le età e da oltre 100 paesi nel mondo.
Il libro “Alumnae” scatta una fotografia in primo piano di uno spaccato di questa grande famiglia politecnica, un primo passo per iniziare a conoscere più da vicino il mondo degli Alumni.

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Quello che serve per fare l’ingegnere è<br />

innanzitutto la passione per quello che<br />

si fa, oltre ovviamente all’interesse per<br />

le materie scientifiche: analisi matematica,<br />

fisica, chimica, informatica, meccanica,<br />

sono materie che non possono<br />

mancare nel curriculum scolastico <strong>di</strong> un<br />

ingegnere. Inoltre bisogna essere in grado<br />

<strong>di</strong> capire cosa si vuole fare da gran<strong>di</strong><br />

e a quel punto impegnarsi a fondo per<br />

riuscirci. Nel mio caso, non c’è stato un<br />

momento particolare o un episo<strong>di</strong>o in<br />

cui l’ho capito; già al liceo mi piacevano<br />

molto le materie scientifiche e il <strong>di</strong>segno<br />

sia libero che tecnico. Poi mia sorella,<br />

che ha tre anni più <strong>di</strong> me, ha scelto Ingegneria<br />

Nucleare, e sin dal primo anno<br />

ogni tanto mi portava con lei a seguire<br />

alcune lezioni al <strong>Politecnico</strong>. Mi è piaciuto<br />

subito molto l’ambiente universitario,<br />

la libertà <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are quando si voleva,<br />

le aule enormi e gli spazi ver<strong>di</strong> sia nel<br />

<strong>Politecnico</strong> che nel giar<strong>di</strong>no antistante,<br />

la biblioteca vastissima, per cui quando<br />

ho dovuto scegliere, non ho avuto alcun<br />

dubbio! Dei cinque anni al Poli ho<br />

poi tantissimi ricor<strong>di</strong>: le aule enormi, le<br />

levatacce per arrivare in orario ai corsi,<br />

le giornate intere aspettando <strong>di</strong> essere<br />

interrogata agli orali, i lavori <strong>di</strong> gruppo<br />

nelle aule da <strong>di</strong>segno e nei laboratori<br />

d’informatica, i pranzi nel parco, le fiumane<br />

<strong>di</strong> studenti che si spostavano da<br />

un’aula all’altra (spesso con gli sgabelli<br />

in spalla per potersi sedere!), i tomi da<br />

stu<strong>di</strong>are, le lezioni <strong>di</strong> storia dell’architettura<br />

d’estate all’aperto sotto la magnolia,<br />

l’arma<strong>di</strong>etto alla aule sud, la <strong>di</strong>stesa<br />

<strong>di</strong> tecnigrafi, le file per poter vedere i<br />

risultati degli esami esposti in bacheca,<br />

le cabine telefoniche per chiamare<br />

a casa e annunciare a mamma e papà<br />

l’esito degli esami (il mio primo cellulare<br />

l’ho comprato con il mio primo stipen<strong>di</strong>o<br />

nella primavera del 1999!), la piscina<br />

<strong>di</strong>etro la Nave (dove tanta gente si <strong>di</strong>ver-<br />

Talvolta avrei voluto<br />

rinunciare perché mi<br />

sembrava un lavoro<br />

immane per il quale<br />

non mi sentivo<br />

all’altezza, ma ho<br />

insistito e questo mi ha<br />

permesso <strong>di</strong> crescere<br />

sia caratterialmente che<br />

professionalmente.<br />

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