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Alumnae | Ingegnere e Tecnologie | Alumni Politecnico di Milano

Le Alumne condividono la loro storia, in un dialogo virtuale con le future studentesse, per invitarle tutte a fare questa bellissima esperienza che si chiama Politecnico di Milano. 67 laureate in ingegneria tra il 1990 e il 2014, 67 modi diversi di essere ingegnere, tutti accomunati dalla competenza e dalla passione per il proprio lavoro. Quella degli Alumni è una community composta da circa 200 mila professionisti, architetti, designer e ingegneri, di tutte le età e da oltre 100 paesi nel mondo. Il libro “Alumnae” scatta una fotografia in primo piano di uno spaccato di questa grande famiglia politecnica, un primo passo per iniziare a conoscere più da vicino il mondo degli Alumni.

Le Alumne condividono la loro storia, in un dialogo virtuale con le future studentesse, per invitarle tutte a fare questa bellissima esperienza che si chiama Politecnico di Milano.
67 laureate in ingegneria tra il 1990 e il 2014, 67 modi diversi di essere ingegnere, tutti accomunati dalla competenza e dalla passione per il proprio lavoro.


Quella degli Alumni è una community composta da circa 200 mila professionisti, architetti, designer e ingegneri, di tutte le età e da oltre 100 paesi nel mondo.
Il libro “Alumnae” scatta una fotografia in primo piano di uno spaccato di questa grande famiglia politecnica, un primo passo per iniziare a conoscere più da vicino il mondo degli Alumni.

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Passare tutta la giornata davanti<br />

ad un calcolatore non faceva per me.<br />

Dopo la laurea iniziai a inviare a tappeto il mio curriculum in aziende<br />

che si occupavano <strong>di</strong> ingranaggi e quin<strong>di</strong>ci giorni dopo iniziai a<br />

lavorare in una piccola industria a conduzione familiare che progettava<br />

e costruiva trasmissioni <strong>di</strong> potenza in ambito siderurgico,<br />

farmaceutico e cementiero. Mi ritrovai così in ufficio tecnico e pian<br />

piano imparai a progettare autonomamente un gruppo riduttore:<br />

<strong>di</strong>mensionavo gli alberi, gli ingranaggi e la cassa portante, realizzavo<br />

i <strong>di</strong>segni ed i particolari costruttivi al tecnigrafo, seguivo la<br />

realizzazione dei pezzi ed il montaggio ed il collaudo del gruppo.<br />

Con questo lavoro sentivo <strong>di</strong> aver dato un senso alla mia laurea<br />

e mi sentivo un ingegnere a tutti gli effetti. Dopo un po’ <strong>di</strong> tempo<br />

passai in un’azienda più stabile, sempre occupandomi <strong>di</strong> riduttori<br />

ad ingranaggi, ma per gli impianti <strong>di</strong> risalita. Iniziai quin<strong>di</strong> a calcolare<br />

le funi, apponendo la firma <strong>di</strong> ingegnere iscritto all’Albo, avendo<br />

nel frattempo dato l’esame <strong>di</strong> abilitazione alla professione.<br />

Purtroppo, questa azienda entrò in crisi e iniziai a cercare un nuovo<br />

lavoro, provando ad avvicinarmi a casa, in Piemonte. Accettai<br />

quin<strong>di</strong> l’offerta del Centro Ricerche Fiat <strong>di</strong> Orbassano e così entrai<br />

nel mondo dell’automotive, che avevo sempre evitato perché non<br />

mi appassionava. Da ingegnere pratico mi ritrovai a fare il teorico<br />

davanti a un calcolatore e imparai a simulare i fenomeni acustici<br />

generati dalle vibrazioni strutturali <strong>di</strong> un’automobile. Ma avevo<br />

bisogno <strong>di</strong> confrontarmi con il prodotto “in carne e ossa”, perciò<br />

accettai un lavoro che mi metteva in contatto con lo stabilimento<br />

che produceva quella vettura: la lancia Thesis.<br />

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