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e - Camera dei Deputati

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— e che in sostanza eludeva il vero problema, già posto con<br />

acutezza nel 1971 da Terrana: come realizzare una partecipazione<br />

concreta e soprattutto « garantita » (vedi ad es. la soluzione accennata<br />

nell'intervento sull'art. 23 di una riserva di tempo per i gruppi minori<br />

e di opposizione) <strong>dei</strong> gruppi esterni alla maggioranza all'organizzazione<br />

<strong>dei</strong> lavori, senza penalizzare lo svolgimento della funzione di indirizzo<br />

che, in una corretta trasposizione del « figurino » del regime parlamen­<br />

tare, non può non essere riservata al continuum maggioranza-Governo.<br />

La riforma del 1971, per altro, pur nel suo sostanziale fallimento<br />

almeno per questo aspetto, ha segnato un momento importantissimo<br />

nella evoluzione del concetto di organizzazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari;<br />

se da un lato infatti ha cancellato per sempre l'illusione unanimistica,<br />

dall'altro ha posto quanto meno tre punti fermi, recepiti dalla succes­<br />

siva riforma del 1981 e comunque imprescindibili per il futuro: a)<br />

realizzazione di un quadro operativo di medio periodo attraverso una<br />

procedura formalizzata e pubblica; b) partecipazione di tutte le forze<br />

politiche alla sua individuazione; e) garanzia, diretta o indiretta, del<br />

recepimento anche delle esigenze delle forze di opposizione.<br />

Con la correzione di rotta operata nel 1981 la <strong>Camera</strong> ha cercato di<br />

dare una risposta più articolata e duttile al problema, conciliando in<br />

modo meno drastico e manicheo le esigenze delle forze in campo col<br />

riservare sì, in ultima analisi, alla maggioranza la decisione definitiva,<br />

ma dando nello stesso tempo all'opposizione una doppia importante<br />

garanzia consistente nella sostanziale indisponibilità per la maggioranza<br />

stessa <strong>dei</strong> singoli punti componenti sia il programma che il calendario<br />

<strong>dei</strong> lavori (la maggioranza in Aula approva o respinge le proposte nel<br />

loro complesso ma le modifiche può introdurle solo il Presidente della<br />

<strong>Camera</strong>) e nell'obbligo di ricomprendervi anche argomenti risultati<br />

minoritari nella Conferenza <strong>dei</strong> presidenti <strong>dei</strong> gruppi parlamentari (e<br />

con questo ci si comincia ad avvicinare alla « riserva di tempo » a favore<br />

delle opposizioni ipotizzata nel ricordato intervento sul Regolamento del<br />

1971 dal deputato Terrana).<br />

Se le modifiche del 1981 hanno dato il via ad un primo concreto<br />

esperimento di programmazione, il senso di insoddisfazione tuttora<br />

largamente presente tra gli operatori, parlamentari e non (anche perché<br />

va rapidamente svanendo il ricordo della situazione di partenza), e le<br />

disfunzioni che ancora si riscontrano nell'organizzazione <strong>dei</strong> lavori<br />

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evidenza maeeiormente Droorio dal

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