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Diario Giuseppe Mallardi Capitano dei Lancieri di Murat

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1810<br />

La camera in cui fui ricevuto era addobbata da rari ornamenti, sovraccarichi <strong>di</strong> sfoggiata<br />

ricchezza, con molto buon gusto, facendo maggiormente risaltare la elegante e svelta persona<br />

della baronessa. Lei è una donna abbastanza bella e molto seducente, sull’età circa dai 28 ai 30<br />

anni. Bella, <strong>di</strong> quella bellezza rigida ed elegante che appaga l’occhio ed il cuore, fornita <strong>di</strong> folta<br />

capigliatura con quella graziosa e moderna acconciatura parigina che le sta molto bene. Di<br />

carnagione molto bianca, con ciglia e sopracciglia arcuate e folte, sotto cui ruotano due belli occhi<br />

neri come la chioma, che paiono, osservandoli, volessero scrutare tutto l’interno dell’anima.<br />

Dopo che mi fece servire una tazza <strong>di</strong> caffè ad<strong>di</strong>rittura eccellente, mi domandò da quando era al<br />

servizio militare e a che famiglia <strong>di</strong> rango appartenessi. Io le feci alla meglio la descrizione della<br />

mia breve carriera, aggiungendo poi che apparteneva ad una famiglia nobile ed antica, oriunda<br />

francese, venuta all’epoca <strong>di</strong> Carlo d’Anjou, nel cui esercito militava quale capitano d’arme un tale<br />

Giovanni Mallard, verso il 1265. Dopo la conquista del reame <strong>di</strong> Napoli fu nominato balio e gli<br />

vennero dati i feu<strong>di</strong> del cavaliere <strong>di</strong> Saldana sposandosi la figlia del conte <strong>di</strong> Trivento, dalla quale<br />

ebbe due figli. Poi la famiglia italianizzò il casato in Mallardo e poscia <strong>Mallar<strong>di</strong></strong>, come scrive il De<br />

Lellis nel suo libro sulla nobiltà del reame <strong>di</strong> Napoli, stampato verso il 1663, ed altri autori<br />

dell’epoca.<br />

La baronessa si congratulò meco appartenere ad una famiglia oriunda francese, e così si<br />

espresse nel suo simpatico i<strong>di</strong>oma: “Noi altre dame francesi siamo, al pari delle belle napolitane, <strong>di</strong><br />

cuore caldo e sincero, e voi che frequentate i ritrovi aristocratici, dove fanno capo francesi e<br />

napolitane, credo che potrete degnamente fare i vostri apprezzamenti. Giacchè il barone è a Corte<br />

tutte le sere, come conoscete, noi possiamo a nostro agio conversare fino oltre la mezzanotte, così<br />

potrò parlarvi un pochino <strong>di</strong> me. Accennando poi alla carriera militare <strong>di</strong> suo marito, così prese a<br />

narrarmi: “Il 18 brumaio l’Imperatore Napoleone passò attraverso la flotta inglese, fidente nella<br />

propria stella, per giungere a Parigi dal lido egiziano, onde prendere le re<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> tutta la cosa<br />

pubblica. Egli pare non avesse avuto tanto coraggio quando si trattò d’abbattere il Consiglio <strong>dei</strong><br />

Cinquecento; si smarrì, e parve essere minore <strong>di</strong> se stesso né altri <strong>dei</strong> suoi volle affrontare tale arduo<br />

colpo: solo il nostro re <strong>Murat</strong> osò tanto, con il suo gran coraggio. Messosi a capo <strong>dei</strong> suoi<br />

granatieri, con baionetta in canna, entrò nel Consiglio <strong>dei</strong> Cinquecento, facendoli quasi tutti uscire<br />

dalle finestre; lui, lui solo affrontò il pericolo per non saper forse misurare le conseguenze <strong>di</strong> simile<br />

impresa.<br />

Allora mio marito, capo battaglione <strong>dei</strong> granatieri, fece quanto <strong>di</strong> meglio potè per far trionfare<br />

l’audace impresa, ed i poveri Cinquecento furono un pochino malmenati e qualcuno anche<br />

picchiato per ridurlo alla ragione, cioè <strong>di</strong> eclissarsi dal luogo. Dopo che il primo console fu<br />

proclamato Imperatore, parecchi generali furono nominati marescialli dell’Impero francese, e mio<br />

marito, allora ancora scapolo, fu nominato colonnello <strong>dei</strong> granatieri per rapporto fatto in suo favore<br />

dal nostro re Gioacchino.<br />

Nel luglio 1805 in un gran ricevimento, conobbi il colonnello Exelmans, il quale invaghitosi della<br />

mia persona, fece domanda formale della mia mano, abbenchè lui avesse 16 anni più <strong>di</strong> me. Egli<br />

viene da un gran casato, ed è abbastanza ricco, ma quello che più mi fece decidere a sposarlo fu<br />

la bella uniforme che gli stava a pennello. Egli sempre serio, <strong>di</strong>gnitoso, parla poco ed è sempre<br />

stato un perfetto cavaliere.<br />

La mia famiglia poi, <strong>di</strong> nobile casato, è vera parigina, oriunda però lionese, trapiantatasi a<br />

Parigi nello scorcio del secolo passato per fatti politici e sarebbe lunga la storia <strong>dei</strong> Ravignac.”<br />

Di fronte alla mia poltrona si scorgeva una porta semichiusa, debolmente illuminata; quella era<br />

la sua stanza da letto, e madama si levò da sedere, dopo avere osservato che nessuno vi fosse, e<br />

così mi favellò:”Tenente, se io ho desiderato <strong>di</strong> rivedervi, è stato anche col permesso <strong>di</strong> mio marito,<br />

al quale <strong>di</strong>ssi il servizio da voi resomi in quella giornata <strong>di</strong> caccia, quando mentre io stava per<br />

smontare <strong>di</strong> sella, il cavallo ombratosi s’impennò, e forse si sarebbe dato a pazza fuga, se voi, lesto<br />

come il fulmine e con mano <strong>di</strong> ferro, non aveste ridotto all’impotenza il mio destriero. In quel<br />

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