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Facultatea de Istorie - Universitatea Alexandru Ioan Cuza

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LA PROSOPOPEA DI ROMA NEI PANEGYRICI DEL 313 E DEL 321<br />

in assemblea di essere l’unico imperatore e di consi<strong>de</strong>rare i tetrarchi come<br />

suoi luogotenenti, inviati a combattere su suo mandato nelle zone di<br />

frontiera 22 è qualcosa di più di mera invenzione retorica. Dimostra, al<br />

contrario, che i panegirici, pur nell’intreccio di arte retorica e attualità storica,<br />

sono fonti significative e attendibili <strong>de</strong>lla mentalità e <strong>de</strong>lle i<strong>de</strong>e politiche e<br />

propagandistiche <strong>de</strong>l IV secolo. Perciò le parole <strong>de</strong>i panegiristi indubbiamente<br />

assumevano per i contemporanei un significato diverso: oltre al valore<br />

retorico <strong>de</strong>lla prosopopea essi compren<strong>de</strong>vano appieno l’insostituibile valore di<br />

Roma nell’ascesa all’impero così significativamente racchiuso nelle parole di<br />

Nazario nel panegirico <strong>de</strong>l 321 23 . Dunque, solo Roma, auctrix di Massenzio,<br />

avrebbe potuto legittimare la guerra civile <strong>de</strong>l 312 per il possesso <strong>de</strong>ll’impero<br />

e presentare la sconfitta di Massenzio come la realizzazione <strong>de</strong>lla felicitas di<br />

Costantino, <strong>de</strong>stinato all’impero dagli <strong>de</strong>i.<br />

22 Paneg. IX, 14, 6. Anche ciò che sembra puro esercizio retorico aggiunge un<br />

altro importante tassello alla ricostruzione <strong>de</strong>lle complesse vicen<strong>de</strong> <strong>de</strong>l 308-312.<br />

23 Paneg. X, 29, 4 Quod hic etiam facis promptius quam in ceteris proeliis, quod in<br />

praesenti erat tam ampla pugnae merces quam pugnator inlustris et statim Roma victoris.<br />

Roma era ancora fondamentale per ottenere e mantenere il controllo <strong>de</strong>ll’impero, così come<br />

aveva dimostrato il regno di Massenzio. Così anche Costantino, nei primi anni <strong>de</strong>l suo<br />

regno, si propose come Defensor Urbis Romae e <strong>de</strong>dicò gran<strong>de</strong> interesse all’edilizia pubblica<br />

<strong>de</strong>lla città eterna. Tale condotta sembra solo apparentemente smentita dalla <strong>de</strong>cisione<br />

di fondare Costantinopoli perché, in realtà, la scelta di Costantino sarebbe stata indotta dai<br />

difficili rapporti con il senato, ulteriormente <strong>de</strong>teriorati dal suo rifiuto di lasciare salire la<br />

processione festiva sul colle Capitolino (Zosimo II, 29, 5). Questa ipotesi si baserebbe<br />

anche sull’analisi <strong>de</strong>lle monete di quel periodo. Difatti, secondo Bruun, l’enorme quantità<br />

di monete di basso valore, emesse dalla zecca di Roma dopo la guerra civile contro<br />

Massenzio e le iscrizioni inneggianti alla città eterna sulle monete <strong>de</strong>l 320 – che preannunciavano<br />

i quin<strong>de</strong>cennalia di Costantino – dimostrerebbero che tra il 317 e il 321, solo<br />

pochi anni prima <strong>de</strong>lla fondazione di Costantinopoli, Costantino non sembrava intenzionato<br />

a privare Roma <strong>de</strong>lla tradizionale posizione di caput mundi. Cfr. P. Bruun, Costantino il<br />

gran<strong>de</strong> e Roma, in Bollettino <strong>de</strong>lla Unione Storia e Arte, 3, 1959, 1, col. 1-2.<br />

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