Facultatea de Istorie - Universitatea Alexandru Ioan Cuza

POSTILLA A VIRGILIO AEN. 1, 630
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una sofferenza passata, ma non scordata, la cui lezione è stata accettata da
Didone che proprio per questo può e sente di dovere rassicurare i suoi ospiti
(la parola vuole esorcizzare il soffrire dei miseri in virtù della proclamazione
di essere pronti e non impreparati al confronto con il dolore, soprattutto con
quello altrui) 7 , confermando la straordinaria attenzione virgiliana alle sfumature
psicologiche dello stile e del linguaggio.
7 Volendo arricchire di un altro possibile modello greco non segnalato a proposito
di Aen. 1, 630 ci pare si posa citare anche Aeschylus, Eumenides, vv. 276-277: 'Egë
didacqeˆj n kako‹j p…stamai / † polloÝj kaqarmoÚj † (il verso 276 è oggetto di varie
discussioni: lo citiamo secondo il testo della tragedia stampato dal West: cfr. Aeschylus,
Eumenides, edidit Martin L. West, Stutgardiae, 1991). Il verso è pronunziato da Oreste, abbracciato
da supplice all’ara di Atena, dopo avere appena udito le terribili minacce di morte
e castigo delle Erinni che lo perseguitano dopo il matricidio: „Ammaestrato nelle sventure,
io conosco molti riti purificatori…”. Qui, al contrario che in Sofocle (e Virgilio), si tratta di
un incipit: iniziando infatti la sua risposta alle figlie della Notte, il giovane matricida si
proclama conoscitore di varie forme di purificazione, „essendo stato istruito, ammaestrato”
nelle sventure passate. Si tratta dunque non di una generica saggezza esistenziale, bensì
specifica, ossia di chi sa bene quali riti praticare per liberarsi dalle contaminazioni del
m…asma omicida. Quello che emerge, ancora una volta, è che si pone in primo piano l’esperienza
vissuta, quasi subita, di vari kak¦ (si veda il participio aoristo passivo) come tuttavia
presupposto di un sapere, non di un imparare, come in Didone. Oreste, Euridice e Didone:
il male passato che lascia una eredità morale, come acquisizione definitiva e quindi come
strumento di difesa e liberazione morale (Eschilo), come sincera consapevolezza del male e
quindi come dichiarata disponibilità all’ascolto del medesimo (Sofocle), come infine sofferto
monito e lezione di vita e quindi come consapevole recare aiuto agli altri colpiti da
sventura (Virgilio).