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Facultatea de Istorie - Universitatea Alexandru Ioan Cuza

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Classica et Christiana, 2, 2007, 203-210<br />

LO STILE MUSICALE DI ORAZIO:<br />

FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE<br />

Francesco SCODITTI<br />

(Bari)<br />

E’ nota agli studiosi la dibattuta questione se le odi oraziane fossero<br />

<strong>de</strong>stinate ad essere cantate o soltanto recitate 1 . In effetti tale problema, per certi<br />

versi irrisolvibile, è comunque legato al fatto che il poeta venosino non di rado<br />

si sia posto come il maggiore fautore e difensore di una produzione musicale<br />

di carattere strettamente latino: non è casuale che Orazio parli esplicitamente<br />

di adattare alle cor<strong>de</strong> latine le melodie tebane (fidibusne Latinis / Thebanos<br />

aptare modos) 2 o formuli espressioni indicative quali Latinus fidicen 3 o<br />

Romanae fidicen lirae 4 . La questione non doveva essere poi così irrilevante<br />

se è vero che il poeta non fu l’unico a prestarvi attenzione: Persio accenna<br />

ad uno strepitus fidis …. Latinae 5 e più tardi un poeta come Stazio evoca il<br />

„novello plettro” usato per onorare Tebe in un cantus Latinus 6 . Nella Laus<br />

Pisonis, attribuibile a Calpurnio Siculo in epoca neroniana, si ricorda il<br />

ruolo di Mecenate che fece conoscere canti risuonanti su cor<strong>de</strong> romane (v.<br />

241 carmina Romanis etiam resonantis chordis). Infine, nel Satyricon (Petron.<br />

53, 13) Trimalcione ordina esplicitamente al suo chorauleus di latine cantare 7 ,<br />

di cantare alla maniera latina.<br />

1<br />

Così la pensa uno studioso importante come G. Wille, Singen und Sagen in <strong>de</strong>r<br />

Dichtung <strong>de</strong>s Horaz, in Eranion, Tübingen, 1961, 169-184, mentre scettico a riguardo è E.<br />

Pöhlmann, Marius Victorinus zum o<strong>de</strong>ngesang bei Horaz, in Philologus, 109, 1965, 134-140,<br />

secondo il quale il fatto che Orazio abbia imitato Alceo e Saffo non prova l’esecuzione<br />

musicale <strong>de</strong>lle sue odi; è possibile invece che il poeta romano imitasse solo i metri <strong>de</strong>i suoi<br />

pre<strong>de</strong>cessori.<br />

2<br />

Hor. epist. 1, 3, 12.<br />

3<br />

Hor. epist. 1, 19, 33.<br />

4<br />

Hor. carm. 4, 3, 23.<br />

5<br />

Per. sat. 6, 4.<br />

6<br />

Stat, silv. 4, 6-7.<br />

7<br />

Tale espressione si potrebbe inten<strong>de</strong>re anche in senso strumentale come suonare<br />

melodie latine, ma è anche vero che per esprimere tale concetto i Romani usavano il verbo<br />

canere seguito dal nome <strong>de</strong>llo strumento in ablativo (ad es. fidibus canere), in pratica

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