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Il Museo capitolino - Warburg Institute

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(c all' occhio dello spettatore , e la quale è assai<br />

« più rara nelle statue antiche di donne che in<br />

rt quelle di uomini , yiene resa più vera dal tono<br />

a dolce e trasparente del marmo pario , e d.-Jl' in-<br />

(i legrità di tuLie le parti, e dalla perfetta conser-<br />

« vazione della superficie. Le dimensioni della fi-<br />

n gura , eccedonti alcun poco il vero , coutribui-<br />

(i scono ad attirare gli sguardi. Tante qualità riu-<br />

« alte hanno per certi occhi un' attrattiva che li<br />

« compensa , dirò così, della bellezza soprannaturale?<br />

K che siamo sforzati di ammirare nella Venere di<br />

i Cleomene.<br />

K Plinio fece menzione delle due statue di Ve-<br />

X nere che vedeansi a Roma, e delle quali se ne<br />

< ignoravano gli autori , e che , secondo 1' opi-<br />

f nione di alcuni conoscitori , potevano disputare<br />

f la palma alla Venere di Prassitele (i). Se la<br />

(i) « Questo confronto mi sembra cliìaramente provare,<br />

che quelle due statue df Venere la rappresentavano tutta<br />

nuda: vedi Plinio, lib. XXXVf, § IV , n. 7 e 8. Non<br />

ignoro che molti commentatori di Plinio attribuirono a<br />

Scopa una di queste due Veneri j l' epoca però nella<br />

quale quest' artista visse mi fa credere eh' egli non<br />

potea essere l'autore di una Venere tutta nuda, giac-<br />

che in tal caso sarebbe essa più antica della Venerq<br />

venduta da Prassitele ai cittadini di Guido, lì poco or-<br />

dine che regna nell' opera di Plinio mi fa presumere<br />

che dopo d'aver egli parlato di qualche scultura di<br />

Scopa , collocata da Bruto Calliaeo in un tempio di<br />

Marte , passa , per una di quelle subitanee digressioni<br />

che trovansi di frequente ne' suoi scritti , ad una Ve-<br />

nere di autore scouosciulo, e la quale si ammirava nello<br />

stesso tempio. »

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