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232<br />

MARTA CHESSA<br />

Heidegger) come Jünger, Anders, Arendt, Jonas; e <strong>di</strong> chi, come<br />

Horkheimer e Adorno, ritiene che la tecnica rappresenti il dom<strong>in</strong>io<br />

della ragione illum<strong>in</strong>istica sulla natura, sulla società e su ciò che<br />

l’uomo è autenticamente ( 2 ).<br />

Un altro genere <strong>di</strong> schieramenti teorici è costituito da coloro che<br />

<strong>in</strong>vece <strong>in</strong>terpretano l’evoluzione tecnologica <strong>in</strong> senso determ<strong>in</strong>istico,<br />

per i quali il progresso tecnico è regolato al suo <strong>in</strong>terno da una razionalità<br />

forte che determ<strong>in</strong>a <strong>in</strong> modo rettil<strong>in</strong>eo ogni suo futuro sviluppo.<br />

Essi si <strong>di</strong>vidono tra chi rappresenta la tecnica come salvezza e chi<br />

la rappresenta come pericolo. Al primo gruppo appartengono tutte<br />

le gran<strong>di</strong> utopie <strong>di</strong> matrice scientista che hanno come prototipo La<br />

Nuova Atlantide <strong>di</strong> Bacone; mentre al secondo gruppo appartengono<br />

tutte quelle correnti filosofiche e letterarie che danno espressione<br />

alle paure legate all’uso politico degli sviluppi tecnologici, che hanno<br />

come referente le <strong>di</strong>stopie novecentesche, come 1984 <strong>di</strong> Gorge<br />

Orwell o Farnheit <strong>di</strong> Ray Bradbury, e che oggi si trovano ben rappresentate<br />

nel vasto fenomeno del Cyberpunk ( 3 ).<br />

Al contrario, per la posizione costruttivista ogni oggetto tecnico,<br />

ogni <strong>in</strong>novazione è il frutto <strong>di</strong> una contrattazione sociale sempre variabile<br />

e <strong>di</strong>fferenziata, contrattazione che risponde esclusivamente<br />

agli <strong>in</strong>teressi e alle esigenze dei gruppi co<strong>in</strong>volti. La tecnica dunque<br />

non è sottomessa ad un ord<strong>in</strong>e speculativo superiore che determ<strong>in</strong>a<br />

la sua bontà o la sua cattiveria ma ad un ord<strong>in</strong>e mutevole e cont<strong>in</strong>gente<br />

per il quale la scelta migliore è sempre quella che <strong>di</strong> volta <strong>in</strong><br />

volta viene storicamente adottata. È questa ad esempio la posizione<br />

<strong>di</strong> Bruno Latour per il quale la tecnica è una prassi sociale, un <strong>in</strong>sieme<br />

<strong>di</strong> saperi e <strong>di</strong> culture che non può essere reso autonomo dagli altri<br />

ambiti del pensiero e dell’agire umano, tanto che secondo l’autore<br />

è impossibile <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere esattamente il conf<strong>in</strong>e tra la sfera <strong>di</strong> ciò<br />

che è tecnico e la sfera <strong>di</strong> ciò che è sociale ( 4 ).<br />

Come attestano le analisi della Nacci un posto particolare all’<strong>in</strong>terno<br />

<strong>di</strong> questo panorama occupa il cosiddetto postmoderno. Per il<br />

postmoderno la forza della razionalità tecnico-scientifica si è espressa,<br />

nelle società tardo<strong>in</strong>dustriali, <strong>in</strong> un totale esautoramento del soggetto<br />

moderno, spostato dal centro alla periferia dell’universo, e del<br />

pr<strong>in</strong>cipio <strong>di</strong> realtà, ridotto ermeneuticamente allo scontro tra le <strong>di</strong>verse<br />

razionalità locali. Rispetto alle altre analisi sulla tecnica la ca-<br />

( 2 ) Cfr., M. NACCI, Pensare la tecnica, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 25-159.<br />

( 3 ) Ivi, pp. 170-176.<br />

( 4 ) Ivi, pp. 201-207.

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