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Nichilismo e universo tecnologico <strong>in</strong> Gianni Vattimo<br />

da un lato appunto è apertura <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> nuovi, e dall’altro però allude<br />

anche a mon<strong>di</strong> <strong>in</strong> cui l’arte non sia più pura apertura <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong><br />

mon<strong>di</strong> nuovi. Per cui per ora, salvo che mi venga <strong>in</strong> mente qualcos’altro,<br />

mi pare <strong>di</strong> non uscire da questo polarismo; anche se a volte<br />

ho criticato Adorno perché era troppo apocalittico, forse aveva ragione<br />

nell’affermare che <strong>in</strong> certi term<strong>in</strong>i l’esperienza estetica è una<br />

promesse de bonheur, ovvero che l’arte è sia immag<strong>in</strong>e <strong>di</strong> un mondo<br />

esteticamente riscattato e sia espressione polemica nei confronti dei<br />

falsi riscatti; per cui quando io mi lascio andare nel <strong>di</strong>re che può<br />

darsi che oggi ci siano degli eventi estetici che sono più <strong>di</strong> <strong>in</strong>tegrazione<br />

che non <strong>di</strong> rottura pensi a delle semplici possibilità <strong>di</strong> realizzazione<br />

<strong>di</strong> momenti <strong>di</strong> <strong>in</strong>tegrazione cui però seguono momenti <strong>di</strong> ricadute.<br />

Tutto questo allora non f<strong>in</strong>isce per essere la riproposizione della<br />

ragione <strong>di</strong>alettica del vecchio Sartre per il quale la storia è scan<strong>di</strong>ta<br />

dall’alternanza <strong>di</strong> momenti rivoluzionari e dalla caduta nella pratica<br />

<strong>in</strong>erte? Io sono conv<strong>in</strong>to che proprio perché sono cristiano c’è comunque<br />

un certo filo conduttore <strong>in</strong> cui la violenza <strong>di</strong> questo ritmo<br />

puramente b<strong>in</strong>ario si consuma e che c’è una storia della salvezza grazie<br />

alla quale noi non siamo abbandonati all’<strong>in</strong>terno del ritmo vitalistico<br />

della nascita e della morte. La <strong>di</strong>fferenza ontologica è anche<br />

questa promesse de bonheur che <strong>di</strong>rige la storia verso la consumazione<br />

della violenza. Per questo io adesso sento <strong>di</strong> non poter pensare se<br />

non nei term<strong>in</strong>i <strong>di</strong> una ripresa secolarizzante del messaggio cristiano<br />

perché vedo <strong>in</strong> esso la storia della salvezza, che altrimenti non posso<br />

pormi. Se non c’è una storia della salvezza che mi <strong>in</strong><strong>di</strong>ca già più o<br />

meno i tratti del Messia venturo, come faccio a <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere quello<br />

che viene, a cui ad esempio Derrida da molta importanza? Io noto<br />

però che questa visione della storia, espressione <strong>di</strong> una permanente<br />

ebraicità della filosofia per la quale il Messia è sempre <strong>di</strong> là da venire,<br />

rischia sempre <strong>di</strong> pensare la storia come una alternanza senza <strong>di</strong>rezione<br />

tra positivo e negativo; il giu<strong>di</strong>zio universale <strong>di</strong>ce ad esempio<br />

Lev<strong>in</strong>às è sempre <strong>in</strong> ogni momento, ma se è sempre <strong>in</strong> ogni momento<br />

è come se non fosse mai. Questo aspetto io lo trovo anche <strong>in</strong> Derrida,<br />

nell’enfasi che egli pone sull’altro, senza però storicità dell’essere;<br />

io <strong>in</strong>vece devo parlare della storia dell’essere perché altrimenti mi<br />

sento come buttato <strong>in</strong> una specie <strong>di</strong> altalena <strong>in</strong>sensata: c’è dunque<br />

una logica <strong>in</strong> questa follia del pensiero debole.<br />

D: Come risponde a coloro che come Antiseri sostengono che per<br />

guidare il nostro pensare il nostro agire non basta ripercorrere <strong>di</strong>alogicamente<br />

i <strong>di</strong>versi beni e le <strong>di</strong>verse verità attraverso le quali la storia<br />

dell’essere si articola ma che bisogna <strong>in</strong><strong>di</strong>viduare quei beni e quelle<br />

verità che possano fungere da norme e da criteri con<strong>di</strong>visibili?<br />

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