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334<br />

LAURA PALOMBA<br />

pensiero liberale ed è stato uno dei valori più bersagliati dalla critica<br />

comunitarista la quale, ad un <strong>in</strong><strong>di</strong>vidualismo che ci concentra su noi<br />

stessi <strong>di</strong>straendoci dai nostri debiti sociali, contrappone un ideale organicistico<br />

il quale ci ricorda il rapporto necessariamente esistente<br />

tra la nostra identità e un orizzonte <strong>di</strong> questioni rilevanti che, trascendendola,<br />

le permettono <strong>di</strong> vestire cont<strong>in</strong>uamente nuovi profili. Per il<br />

comunitarismo, l’ideale dell’autonomia o dell’autenticità, com’è def<strong>in</strong>ito<br />

da Charles Taylor, presume la capacità <strong>di</strong> ogni <strong>in</strong><strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> autorealizzarsi<br />

senza subire l’<strong>in</strong>fluenza <strong>di</strong> quell’orizzonte <strong>di</strong> valori che la comunità<br />

<strong>in</strong> cui viviamo ci fornisce (C. TAYLOR, Il <strong>di</strong>sagio della modernità,<br />

tr. it. a cura <strong>di</strong> G. Ferrara degli Uberti, Laterza, Bari 1994). In realtà,<br />

il valore liberale della fedeltà a se stessi non va letto come se sp<strong>in</strong>gesse<br />

l’<strong>in</strong><strong>di</strong>viduo ad un solitario monologo, perché esso presuppone<br />

un valore come quello del rispetto <strong>di</strong> sé il quale, potendo nascere solo<br />

dal riconoscimento che l’io ottiene dagli altri, presuppone un sé <strong>in</strong><br />

cont<strong>in</strong>uo <strong>di</strong>alogo e confronto con gli altri. Non a caso tanto i liberali,<br />

quanto quelle femm<strong>in</strong>iste ebree americane che vedono nella mancanza<br />

<strong>di</strong> autonomia la chiave <strong>di</strong> lettura del problema femm<strong>in</strong>ile, riconoscono<br />

quanto sia debole l’<strong>in</strong><strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> fronte alle sollecitazioni morali e<br />

culturali provenienti dall’esterno e quanto questo fatto renda necessario<br />

sv<strong>in</strong>colarlo il più possibile da una rigida moralità del bene comune<br />

che, assegnando a ciascuno il proprio compito, imprigiona l’<strong>in</strong><strong>di</strong>viduo<br />

<strong>in</strong> una sorta <strong>di</strong> conservatorismo cognitivo che lo rende <strong>in</strong>capace <strong>di</strong><br />

“vedere se stesso nei term<strong>in</strong>i da lui scelti” (E. GROSS, What is Fem<strong>in</strong>ist<br />

Theory?, <strong>in</strong> C. PATEMAN-E. GROSS, Fem<strong>in</strong>ist Challenges, Social and Political<br />

Theory, cit. <strong>in</strong> W. KYMLICKA, op. cit., p. 271).<br />

Nonostante le critiche che alcuni femm<strong>in</strong>ismi rivolgono all’<strong>in</strong><strong>di</strong>vidualismo<br />

liberale, e <strong>in</strong> particolare a quello rawlsiano, mi sembra si<br />

possa agevolmente sostenere che quest’ultimo sia un modello teorico<br />

attraente per il femm<strong>in</strong>ismo ebraico proprio nella misura <strong>in</strong> cui contribuisce<br />

a sostenere il valore dell’autonomia come capacità e <strong>di</strong>ritto<br />

del s<strong>in</strong>golo a scegliere da sé i valori morali sulla base dei quali impiantare<br />

il proprio piano <strong>di</strong> vita senza essere “vittima <strong>di</strong> concezioni<br />

fuorvianti <strong>di</strong> ciò che vuole realmente” (J. RAWLS, op. cit., p. 344).<br />

Attribuendo importanza al riconoscimento come fonte del rispetto<br />

<strong>di</strong> sé, il liberalismo mette <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong> evidenza la problematicità <strong>in</strong>sita<br />

nell’avere uno status privato. Come nota Rawls <strong>in</strong> una società<br />

ben ord<strong>in</strong>ata il rispetto <strong>di</strong> sé è “assicurato dalla conferma pubblica<br />

dello status <strong>di</strong> eguale cittad<strong>in</strong>anza”. Egli prosegue <strong>di</strong>cendo che<br />

<strong>in</strong> una società giusta, la base della stima <strong>di</strong> sé non è la propria quota <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to<br />

ma la <strong>di</strong>stribuzione, solamente <strong>di</strong>chiarata, dei <strong>di</strong>ritti e delle libertà<br />

fondamentali. E poiché questa <strong>di</strong>stribuzione è eguale, ognuno, quando si

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