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408<br />

MONICA CASSARINO<br />

opera <strong>di</strong> chi ha saputo accostarglisi con le premure, e le <strong>in</strong>sofferenze,<br />

generalmente concesse ad un essere vivente. «Un ritratto <strong>di</strong> paese è<br />

più arduo del ritratto <strong>di</strong> un uomo» ( 35 ), confessa l’autore comisano<br />

quasi a <strong>di</strong>scolparsi <strong>di</strong> un’eventuale <strong>in</strong>adeguatezza nel renderne vivide<br />

e pregnanti le figurazioni. «Ma Bufal<strong>in</strong>o ha saputo catturare, quasi<br />

fotografare con le parole, immag<strong>in</strong>i visive ed emotive del suo paese<br />

natale, restituendocele <strong>in</strong>tensificate o affasc<strong>in</strong>anti» ( 36 ). Egli è stato<br />

<strong>in</strong>fatti esploratore <strong>in</strong>stancabile e attento <strong>di</strong> ogni angolo <strong>di</strong> quel fazzoletto<br />

<strong>di</strong> terra da cui ha saputo trarre proficuo nutrimento e le ragioni<br />

per ribattezzarlo, da patria anagrafica, patria dell’anima.<br />

È soprattutto la Comiso della sua memoria quella sulla quale l’autore<br />

ha <strong>in</strong>dugiato più a lungo. E si capisce perché. Il recupero memoriale<br />

<strong>di</strong> luoghi, personaggi, eventi a noi cari si configura per lo scrittore<br />

siciliano quale rime<strong>di</strong>o curativo e l<strong>in</strong>fa vitale che consente, sia pur<br />

<strong>in</strong> maniera temporanea e non sempre fedele, <strong>di</strong> far rivivere momenti<br />

felici o che si vuole siano stati felici, regalando la gioiosa illusione <strong>di</strong><br />

bloccare il tempo corruttore e contrastare per un po’ la morte <strong>in</strong>combente.<br />

Conscio del marg<strong>in</strong>e <strong>di</strong> <strong>in</strong>ganno <strong>in</strong>sito <strong>in</strong> ogni processo <strong>di</strong> riproduzione<br />

<strong>di</strong> realtà trascorse, Bufal<strong>in</strong>o non esita perciò a far rivivere<br />

sulla pag<strong>in</strong>a la Comiso d’antan, ri<strong>di</strong>segnandone il profilo <strong>di</strong> paese prevalentemente<br />

artigianale e contad<strong>in</strong>o, che produceva per lo più per il<br />

fabbisogno locale ed era soggetto, impotente, a tutte le <strong>in</strong>temperie,<br />

vessato dall’alternarsi <strong>di</strong> alluvioni e siccità; un paese povero, ma non<br />

triste.<br />

Era bella, Comiso, nel ventisette, nel trentadue, nel trentac<strong>in</strong>que. Bella ma<br />

povera; lieta ma povera. Non c’era acqua a sufficienza, allora, e gli acquivendoli<br />

la recavano <strong>di</strong> porta <strong>in</strong> porta, ogni quartara un soldo, su carri tirati<br />

da as<strong>in</strong>i stanchi. Le case erano tutte a un piano, nane, magre, ma le rallegrava,<br />

sullo stipite, un’improvvisa pergola <strong>di</strong> gelsom<strong>in</strong>o ( 37 ).<br />

Sono particolarità semplici, posti piccoli e apparentemente <strong>in</strong>significanti,<br />

avvenimenti m<strong>in</strong>uti, quelli rievocati dallo scrittore comisano,<br />

tali da caratterizzare il suo paese “al tempo dei lampioni”: gli<br />

orti <strong>di</strong> cavoli che lo circondavano e che fungevano, per gli scanzonati<br />

ragazz<strong>in</strong>i sempre a caccia <strong>di</strong> nuovi <strong>di</strong>versivi, da luogo magico <strong>in</strong><br />

cui compiere importanti esperienze formative; il fiume Ippari, sorta<br />

<strong>di</strong> barriera naturale contro la mafia, che un tempo scorreva generoso<br />

( 35 ) G. BUFALINO, Comiso, ancora, cit., p. 1253.<br />

( 36 ) F. CAPUTO, Il paese plurimo, “La Sicilia”, 12 aprile 1998.<br />

( 37 ) G. BUFALINO, Comiso, ancora, cit., p. 1252.

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