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244<br />

MARTA CHESSA<br />

«Proprio da questa moderatezza proviene la saggezza dell’oltreuomo, il suo<br />

senso dell’ironia, la sua fondamentale apertura alla pluralità delle <strong>in</strong>terpretazioni,<br />

che ne fa un soggetto nuovo, capace <strong>di</strong> vivere <strong>in</strong> un mondo privo<br />

<strong>di</strong> fondamenti senza <strong>di</strong>ventare tuttavia un mesch<strong>in</strong>o cultore del più limitato<br />

se stesso e dei suoi più imme<strong>di</strong>ati e brutali <strong>in</strong>teressi» ( 30 ).<br />

D’altra parte l’oltreuomo non è né l’espressione <strong>di</strong> un soggetto<br />

che abbia recuperato la forza del suo vero essere al <strong>di</strong> là delle menzogne<br />

e delle fabulizzazioni, né l’espressione <strong>di</strong> un vitalismo <strong>di</strong> matrice<br />

naturalistica – che sarebbe ancora troppo metafisico – ma piuttosto<br />

il modello <strong>di</strong> un uomo che, avendo riconosciuto il carattere superficiale<br />

e non orig<strong>in</strong>ario della verità e del soggetto, è <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> vivere<br />

<strong>in</strong> un mondo fatto <strong>di</strong> posizioni e sovrapposizioni <strong>di</strong> <strong>in</strong>terpretazioni.<br />

Ogni conoscenza è pertanto una <strong>in</strong>terpretazione che appartiene<br />

all’oltreuomo nel senso <strong>di</strong> una “superbia” (hybris) ermeneutica o metaforizzante<br />

rispetto al conformismo del “gregge”. L’“oltre” dell’oltreuomo<br />

<strong>in</strong>fatti, secondo Vattimo, va <strong>in</strong>teso nel senso <strong>di</strong> una oltreumanità<br />

che, rispetto all’uomo <strong>in</strong>catenato nelle convenzioni da lui<br />

stesso create, è <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> vivere la propria vita come un cont<strong>in</strong>uo<br />

esperimento, come “forza ermeneutica” ( 31 ).<br />

«L’<strong>in</strong>troduzione della nozione <strong>di</strong> forza ermeneutica significa non solo l’accettazione<br />

dell’essenza “nom<strong>in</strong>alistica”, impositiva dell’<strong>in</strong>terpretazione, ma anche<br />

la messa <strong>in</strong> luce del suo carattere sempre “<strong>di</strong>fferenziale”: una forza non è<br />

mai assoluta, si misura e <strong>di</strong>spiega solo <strong>in</strong> relazione ad altre. Non c’è una lotta<br />

tra soggetti pretesi ultimi per imporsi sugli altri; c’è <strong>in</strong>vece un loro costituirsi<br />

come soggetti <strong>in</strong> un gioco <strong>di</strong> forze che <strong>in</strong> qualche modo li precede» ( 32 ).<br />

A maggior ragione, dunque, l’oltreuomo, come colui che vive all’<strong>in</strong>terno<br />

<strong>di</strong> una realtà il cui essere è favola, non può essere che l’uo-<br />

nosciuto: la felicità <strong>di</strong> un <strong>di</strong>o colmo <strong>di</strong> potenza e d’amore, <strong>di</strong> lacrime e <strong>di</strong> riso, una<br />

felicità che, come il sole alla sera, non si stanca <strong>di</strong> effondere i doni della sua ricchezza<br />

<strong>in</strong>est<strong>in</strong>guibile e li sparge nel mare, e come il sole, soltanto allora si sente assolutamente<br />

ricca, quando anche il più povero pescatore rema con un remo d’oro!<br />

Questo sentimento <strong>di</strong>v<strong>in</strong>o si chiamerebbe allora – umanità!». Cfr. F. NIETZSCHE,<br />

La gaia scienza, ed. it. Colli-Mont<strong>in</strong>ari, Adelphi, Milano 1965, vol. V, t. II, 337.<br />

( 30 ) G. VATTIMO, Dialogo con Nietzsche, cit., p. 193.<br />

( 31 ) A proposito del perché Vattimo traduca il term<strong>in</strong>e Uebermensch con oltreuomo<br />

e riguardo all’oltreuomo come “forza ermeneutica” si vedano Il soggetto e<br />

la maschera e Al <strong>di</strong> là del soggetto, <strong>in</strong> cui Vattimo parla espressamente <strong>di</strong> «concezione<br />

sperimentale dell’Uebermensch». Cfr., F. NIETZSCHE, Aurora, ed. it. Colli-Mont<strong>in</strong>ari,<br />

Adelphi, Milano 1964, vol. V, t. I, 501.<br />

( 32 ) G. VATTIMO, Al <strong>di</strong> là del soggetto, cit., pp. 56-47.

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