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422<br />

GIANNETTA MURRU CORRIGA<br />

Mentre r<strong>in</strong>vio, per una più precisa e ord<strong>in</strong>ata descrizione del processo<br />

della panificazione dell’orzo, ad un mio scritto precedente<br />

(1994), <strong>in</strong> queste brevi note mi propongo <strong>di</strong> richiamare l’attenzione<br />

su alcuni problemi già <strong>in</strong> esso affacciati, e su alcune <strong>di</strong>fferenze operative<br />

che contribuiscono a produrre, <strong>in</strong> due regioni contigue, pani biscottati<br />

simili ma <strong>in</strong> qualche misura <strong>di</strong>versi.<br />

Il carasau e il pistoccu <strong>di</strong> orzo, <strong>in</strong>fatti, pur avendo molte caratteristiche<br />

comuni sono anche <strong>di</strong>versi, e tali sono considerati da chi li<br />

confezionava e consumava. A ripercorrere oggi il processo della panificazione<br />

dell’orzo appaiono più duri, per <strong>di</strong>rla sotto metafora, i<br />

“maltrattamenti” che le ogliastr<strong>in</strong>e devono <strong>in</strong>fliggere all’orzo perché<br />

<strong>di</strong>venti pistoccu, rispetto ai maltrattamenti che le barbaric<strong>in</strong>e gli devono<br />

<strong>in</strong>fliggere perché <strong>di</strong>venti carasau. Di queste <strong>di</strong>fferenze manca,<br />

nelle donne stesse, una precisa consapevolezza.<br />

La trasformazione dell’orzo <strong>in</strong> pane a lunga conservazione ha richiesto<br />

l’elaborazione <strong>di</strong> un complesso sistema <strong>di</strong> conoscenze empiriche<br />

che si esplicano: nella selezione <strong>di</strong> varietà ritenute più adatte alla<br />

panificazione; nelle lunghe operazioni prelim<strong>in</strong>ari rivolte a spogliare<br />

l’orzo dalle glume che lo rivestono; nell’uso <strong>di</strong> un lievito “speciale”;<br />

nella manipolazione e messa <strong>in</strong> forma della pasta, f<strong>in</strong>o alla duplice<br />

cottura dei pani.<br />

Tenteremo <strong>di</strong> <strong>in</strong><strong>di</strong>viduare relazioni tra saperi ed efficacia tecnica,<br />

e <strong>di</strong> ipotizzare connessioni tra morfologia dei pani e proce<strong>di</strong>menti<br />

tecnici; facendo emergere, laddove possibile, l’esistenza <strong>di</strong> conoscenze<br />

e saperi impliciti che traducendosi <strong>in</strong> gesto tecnico non trovano<br />

tuttavia formale espressione nel l<strong>in</strong>guaggio verbale (Angioni 1986).<br />

Concordemente l’orzo è da tutti ritenuto un cereale adatto anche<br />

ai suoli meno profon<strong>di</strong> e soleggiati, che si accontenta <strong>di</strong> poche cure:<br />

karrasame su nasu e lassami <strong>in</strong> pasu / sfregami il naso e lasciami a riposo,<br />

suona ancora un detto barbaric<strong>in</strong>o.<br />

Le cure ( 6 ) si limitavano nel passato ad una zappatura tra marzo e<br />

aprile, senza <strong>di</strong>serbo; a luglio avveniva la raccolta. Questa poteva essere<br />

più tar<strong>di</strong>va, ad agosto, se <strong>in</strong> famiglia scarseggiava la manodopera<br />

femm<strong>in</strong>ile (<strong>in</strong> Barbagia tutto il ciclo, tranne la sem<strong>in</strong>a, era <strong>di</strong> competenza<br />

femm<strong>in</strong>ile) e la manodopera familiare doveva far fronte ad altre<br />

necessità.<br />

( 6 ) Il ciclo produttivo può avere <strong>di</strong>versa durata. Normalmente la sem<strong>in</strong>a avviene<br />

<strong>in</strong> autunno, tra ottobre e novembre, dopo le prime piogge (sem<strong>in</strong>a <strong>in</strong> beranu mannu),<br />

ma può essere fatta ad <strong>in</strong>verno <strong>in</strong>oltrato, tra gennaio e febbraio (sem<strong>in</strong>a <strong>in</strong> beraneddu)<br />

se l’autunno è troppo asciutto (l’orzo è detto <strong>in</strong> questo caso orzu barant<strong>in</strong>u).

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