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246<br />

MARTA CHESSA<br />

tocento, la società si è <strong>in</strong>vece spostata nella <strong>di</strong>rezione opposta: il mondo<br />

contemporaneo, <strong>in</strong>fatti, non può essere analizzato attraverso i criteri<br />

della filosofia moderna, come se oltre le apparenze, i molteplici<br />

<strong>di</strong>aletti, le <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> vita si nascondesse la verità, un fondamento<br />

a priori sul quale uniformarsi. Dietro le apparenze, <strong>di</strong>etro le <strong>in</strong>formazioni<br />

dei mass-me<strong>di</strong>a non si nasconde niente.<br />

«Le immag<strong>in</strong>i del mondo che ci vengono fornite dai me<strong>di</strong>a e dalle scienze<br />

umane, seppure su piani <strong>di</strong>versi, costituiscono l’obiettività stessa del mondo,<br />

non solo <strong>in</strong>terpretazioni <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> una realtà comunque data» ( 37 ).<br />

Il mondo sociale nel quale viviamo non è la natura ma è il luogo<br />

<strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> simboli storici provenienti dal passato e aperti al<br />

futuro. Oggi possiamo esperire che il reale è «un <strong>in</strong>crocio <strong>di</strong> <strong>in</strong>terpretazioni,<br />

l’<strong>in</strong>tergioco <strong>di</strong> <strong>in</strong>terpretazioni <strong>di</strong>verse che poi si <strong>di</strong>spongono<br />

formando un nodo resistente della rete»; nodo che avendo perso<br />

qualsiasi pretesa fondazionalista si può manifestare come il frutto<br />

dell’accordo, sempre aperto a nuovi cambiamenti, tra coloro che<br />

partecipano al “gioco”.<br />

«L’autotrasparenza a cui l’<strong>in</strong>sieme dei me<strong>di</strong>a e delle scienze umane ci conduce,<br />

per ora sembra essere solo questa, cioè la messa <strong>in</strong> luce della pluralità,<br />

dei meccanismi e delle armature <strong>in</strong>terne alla costruzione della nostra cultura.<br />

Il sistema me<strong>di</strong>a-scienze umane funziona al meglio come emancipazione<br />

solo <strong>in</strong> quanto ci colloca <strong>in</strong> un mondo umano meno unitario, meno certo,<br />

dunque anche assai meno rassicurante, <strong>di</strong> quello del mito» ( 38 ).<br />

5. Conclusione. – Secondo la ricostruzione operata da Nacci la posizione<br />

<strong>di</strong> Vattimo è caratterizzata una particolare esaltazione del ruo-<br />

( 36 )Cfr., K.O. APEL, Comunità e comunicazione, trad. <strong>di</strong> G. Carchia, Rosember<br />

& Sellier, Tor<strong>in</strong>o 1977, p. 172: «[La possibilità <strong>di</strong> una comunicazione illimitata si<br />

attua] nel momento <strong>in</strong> cui la comunità della comunicazione, che costituisce il soggetto<br />

trascendentale della scienza, <strong>di</strong>venta al tempo stesso l’oggetto della scienza:<br />

sul piano delle scienza sociali nel senso più lato del term<strong>in</strong>e. Ora <strong>di</strong>venta cioè<br />

chiaro che, da una parte, il soggetto del possibile consenso alla verità della scienza<br />

non è una “coscienza <strong>in</strong> generale” extramondana, bensì la società storico-reale, ma<br />

che, dall’altra, la società storico-reale può essere compresa adeguatamente solo se<br />

viene considerata come soggetto virtuale della scienza, compresa la scienza sociale,<br />

e se la sua realtà storica viene ricostruita sempre, <strong>in</strong> maniera al tempo stesso empirica<br />

e normativo-critica, <strong>in</strong> riferimento all’ideale, da realizzare nella società, della<br />

comunità illimitata della comunicazione».<br />

( 37 ) G. VATTIMO, La società trasparente, cit., p. 38.<br />

( 38 ) Ivi, p. 40.

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