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238<br />

MARTA CHESSA<br />

[…]. Con questa lotta fra visioni del mondo, il Mondo Moderno<br />

entra nel momento decisivo e presumibilmente più durevole della<br />

sua storia» ( 14 ). È solo se non si guarda oltre, cercando le possibilità<br />

che la tecnica nasconde al suo <strong>in</strong>terno, ovvero che l’essere si <strong>di</strong>ssolva<br />

nelle molteplici visioni del mondo e che l’uomo non sia più soggetto,<br />

che essa non può che ridursi a pericolo che deve essere superato.<br />

Se <strong>in</strong>vece si prende sul serio ciò che Heidegger sostiene più volte <strong>in</strong><br />

Identità e <strong>di</strong>fferenza, allora si potrà veramente vedere nella tecnica<br />

un nuovo modo <strong>di</strong> darsi dell’essere. Heidegger afferma chiaramente<br />

che considerare la tecnica come qualcosa che appartiene solo all’uomo<br />

significa trascurare l’appello dell’essere che si dà all’<strong>in</strong>terno <strong>di</strong><br />

essa e che «un primo, <strong>in</strong>calzante balenare dell’Ereignis lo scorgiamo<br />

nell’im-posizione [Ge-stell]». Infatti, «L’Ereignis è l’ambito – ambito<br />

dotato <strong>di</strong> oscillazioni sue proprie – attraverso il quale uomo ed essere<br />

si raggiungono a vicenda nella loro essenza, ottengono ciò che per<br />

loro è essenziale e perdono, <strong>in</strong>tanto, quelle determ<strong>in</strong>azioni che la<br />

metafisica ha loro conferito» ( 15 ).<br />

Guardare dentro la modernità significa perciò aprire la possibilità<br />

che essere e uomo perdano le loro tra<strong>di</strong>zionali caratteristiche. La visione<br />

demoniaca della tecnica <strong>in</strong>fatti, a parere <strong>di</strong> Vattimo, ha la sua<br />

ra<strong>di</strong>ce proprio nella resistenza ad abbandonare il soggetto forte e stabile<br />

della metafisica e nella conseguente <strong>in</strong>capacità <strong>di</strong> sfruttare le opportunità<br />

fornite da quel progressivo confluire del reale nel virtuale<br />

che caratterizza l’epoca <strong>in</strong> cui viviamo. Scrive Vattimo: «i pensatori<br />

che hanno demonizzato la tecnica […] si sono per lo più richiamati<br />

alla tra<strong>di</strong>zione metafisica, e all’idea <strong>di</strong> umanità da essa tramandata,<br />

come se si trattasse <strong>di</strong> un patrimonio <strong>in</strong><strong>di</strong>scutibile» ( 16 ). Una volta<br />

<strong>in</strong>vece che si sia riconosciuto, senza blocchi o tabù <strong>di</strong> sorta, che l’essere<br />

non è più sostanza ma evento che <strong>di</strong>viene attraverso le <strong>di</strong>verse<br />

aperture epocali e che l’uomo non è più soggetto ma cont<strong>in</strong>uo poter<br />

essere, allora non ci sarà più bisogno <strong>di</strong> fuggire la tecnica ma la si<br />

potrà vedere come la con<strong>di</strong>zione storica e ontologica <strong>di</strong> un nuovo<br />

mondo <strong>di</strong> esistere.<br />

Il limite <strong>di</strong> Heidegger, che fece sì che egli non riuscisse a portare<br />

avanti le sue stesse <strong>in</strong>tuizioni, fu proprio, sostiene Vattimo, la sua<br />

( 14 ) M. HEIDEGGER, L’epoca dell’immag<strong>in</strong>e del mondo, <strong>in</strong> Sentieri <strong>in</strong>terrotti (pp. 71-<br />

101), trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1967, p. 99.<br />

( 15 ) M. HEIDEGGER, Identità e <strong>di</strong>fferenza, trad. it., <strong>in</strong> «aut-aut», 187-188, 1982,<br />

pp. 1-38, p. 14 e p. 13.<br />

( 16 ) G. VATTIMO, Presentazione, <strong>in</strong> M. NACCI, Pensare la tecnica, cit., p. XIII.

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