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256<br />

MARTA CHESSA<br />

sopravvivenza, dagli <strong>in</strong>teressi etc. …; e questo credo che sia anche il<br />

senso della filosofia <strong>di</strong> Heidegger, che del resto era uno che stimava<br />

Scheler (anche se non so se per questa <strong>in</strong>terpretazione) ma certamente<br />

non mi sembra <strong>in</strong>verosimile anche per questo dal momento<br />

che il compito anche etico dell’essere è quello <strong>di</strong> far valere la <strong>di</strong>fferenza<br />

ontologica <strong>in</strong>nanzitutto attraverso i processi <strong>di</strong> conoscenza che<br />

sono sempre processi <strong>di</strong> astrazione, formalizzazzione e riduzione dell’imme<strong>di</strong>atezza<br />

dell’essere. Questo <strong>di</strong>venta pers<strong>in</strong>o un possibile recupero<br />

<strong>di</strong> Hegel perlomeno nel senso che la verità della storia dell’essere<br />

è la sua spiritualizzazione nel senso della riduzione dell’imponenza<br />

materiale e della def<strong>in</strong>itività oggettiva. Possibile che l’unica cosa<br />

che dobbiamo fare al mondo è guardare le cose come sono? Possibile<br />

che anche nella storia del cristianesimo tutto si riduca ad adeguarsi<br />

alla verità come data una volta per tutte ed a star lì con l’amor dei <strong>in</strong>tellectualis<br />

<strong>di</strong> Sp<strong>in</strong>oza? Certo io non riesco a pensare che tutto il<br />

compito dell’umanità sia quello <strong>di</strong> scoprire più chiaramente l’ord<strong>in</strong>e<br />

delle cose ed accettarlo com’è; semmai anche le motivazioni del sapere<br />

scientifico sono alla f<strong>in</strong>e tecniche.<br />

D: Lei ha citato Hegel ed effettivamente mi sembra che l’ultima<br />

fase del suo pensiero, mi riferisco <strong>in</strong> particolar modo al suo ultimo<br />

libro Vocazione e responsabilità del filosofo, sia caratterizzata da un<br />

certo avvic<strong>in</strong>amento alla filosofia della storia <strong>di</strong> Hegel. Quale fisionomia<br />

e quali limiti ha tale avvic<strong>in</strong>amento?<br />

R: Ma un avvic<strong>in</strong>amento me<strong>di</strong>ato <strong>in</strong>tanto da questa idea che <strong>di</strong>cevo<br />

prima, cioè che se c’è un senso dell’emancipazione questo è la<br />

spiritualizzazione, cioè la trasformazione del reale <strong>in</strong> vero e la presa<br />

<strong>di</strong> coscienza che la verità comporta la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> una quantità <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>atezze<br />

– un aspetto della verità questo ascetico e mistico, ascetico<br />

soprattutto nel senso <strong>di</strong> riduzione dell’imponenza della presenza.<br />

Questo avvic<strong>in</strong>amento ad Hegel non lo nego nella misura <strong>in</strong> cui lo<br />

mantengo nei limiti per cui un tale avvic<strong>in</strong>amento vale anche per<br />

Gadamer: cioè vivere nella verità significa vivere nello spirito oggettivo,<br />

vivere nella biblioteca. Gadamer una volta aveva scritto che si<br />

doveva riprendere Hegel tagliando via lo spirito assoluto che certo,<br />

pur non essendo un modo <strong>di</strong> riprenderlo tanto hegeliano, è però <strong>in</strong><br />

qualche modo giusto; se vede l’ultimo mio libro pubblicato giusto <strong>in</strong><br />

questi giorni che è una raccolta <strong>di</strong> scritti su Nietzsche dal 1961 al<br />

2000, <strong>in</strong> uno degli ultimi capitoli, che si <strong>in</strong>titola “La saggezza del superuomo”,<br />

sostengo anche che non è tanto verosimile che Hegel<br />

pensasse davvero <strong>di</strong> essere Dio, ma piuttosto forse Hegel stesso doveva<br />

sostenere che lo spirito assoluto può essere pensato <strong>in</strong> maniera<br />

ragionevole solo come una forma <strong>di</strong> consapevolezza del pensatore,

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