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306<br />

LAURA PALOMBA<br />

l’ascolto della parola <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a. Anche i filatteri sono simbolo dell’unicità<br />

<strong>di</strong> Dio, <strong>in</strong> quanto ricordano quoti<strong>di</strong>anamente il suo sodalizio<br />

con il popolo ebraico, che qui però è rappresentato dalla sua sola<br />

metà maschile se si tiene conto del fatto che «colui che mette i tefillim,<br />

si copre con il talleth, legge lo Shemà e prega, è certo <strong>di</strong> avere<br />

parte del mondo a venire (Menachoth)» ( 30 ).<br />

L’<strong>in</strong>sieme degli elementi <strong>di</strong> esclusione che ho rapidamente ricordato<br />

implica necessariamente l’assegnazione <strong>di</strong> una sfera privata al<br />

ruolo della donna ebrea che è del tutto assente nei momenti più significativi,<br />

oltre che <strong>in</strong> quelli decisionali, della vita religiosa pubblica,<br />

<strong>in</strong> cui si viene a costituire quel carattere collettivistico e comunitaristico<br />

della religione e dell’etica ebraica. Si vuole cioè sottol<strong>in</strong>eare<br />

che una società fondamentalmente basata sulla prospettiva della<br />

con<strong>di</strong>visione forte dei pr<strong>in</strong>cipi regolativi la vita del gruppo, pr<strong>in</strong>cipi<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>cati e <strong>in</strong>terpretati dall’alto dagli appartenenti al rabb<strong>in</strong>ato, <strong>in</strong><br />

questo modo esclude totalmente l’elemento femm<strong>in</strong>ile da qualsiasi<br />

possibilità <strong>di</strong> partecipare attivamente alla costruzione della morale<br />

con<strong>di</strong>visa, caratterizzante l’appartenenza stessa al gruppo. Posta <strong>in</strong><br />

questi term<strong>in</strong>i, la situazione nella comunità tra<strong>di</strong>zionale rivela una<br />

totale subord<strong>in</strong>azione basata su una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> genere non ulteriormente<br />

giustificata ( 31 ).<br />

( 30 ) Ve<strong>di</strong> E. GUGENHEIM, op. cit., p. 25. Per completezza, il passo citato permette<br />

<strong>in</strong>vece alle donne l’adempimento dei precetti delle Diciotto Bene<strong>di</strong>zioni<br />

(Shemoneh Esreh), il momento centrale della preghiera del matt<strong>in</strong>o, e del r<strong>in</strong>graziamento<br />

dopo i pasti (birkat ha-mazon), nonostante <strong>in</strong> quest’ultimo caso non<br />

possano essere <strong>in</strong>cluse nel zimmun, l’<strong>in</strong>vito a costituire il gruppo <strong>di</strong> tre persone<br />

che deve recitarlo. Il motivo che i rabb<strong>in</strong>i adducono per spiegare questa <strong>in</strong>clusione<br />

è il fatto che tali preghiere sono atti <strong>di</strong> r<strong>in</strong>graziamento con cui il fedele <strong>in</strong>voca la<br />

pietà <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong> cui tutti, anche le donne e gli schiavi, hanno bisogno. Le donne<br />

devono <strong>in</strong>oltre adempiere al precetto della mezuzah, possono, cioè, appendere sullo<br />

stipite destro della porta d’<strong>in</strong>gresso, e delle porte delle stanze <strong>in</strong>terne, l’astuccio<br />

contenente due passi della Torah.<br />

( 31 ) Simbolo emblematico e, per così <strong>di</strong>re, “fisico” <strong>di</strong> tale stato <strong>di</strong> cose è la<br />

struttura architettonica della S<strong>in</strong>agoga, luogo <strong>in</strong> cui si svolgono rituali altamente<br />

significativi secondo una coreografia che esclude le donne. Essendo luogo <strong>di</strong> culto,<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> servizio sociale, la S<strong>in</strong>agoga è il simbolo <strong>di</strong> appartenenza alla comunità<br />

ebraica, come <strong>di</strong>mostra il fatto che sia la parola greca, synagogos, sia quella<br />

ebraica, beit knesset, usate per <strong>in</strong><strong>di</strong>carla, significano “casa dell’assemblea”. Eppure,<br />

la sua struttura è tale da riservare alle donne solamente una galleria o una sezione<br />

separata me<strong>di</strong>ante un muro (mehitzah) da quella maschile che, non solo risulta essere<br />

molto più ampia, ma è anche più vic<strong>in</strong>a all’arca santa e al centro del santuario<br />

(bimah). Si ricor<strong>di</strong> che la mehitzah può essere costituita o da una parete <strong>di</strong>visoria<br />

alta circa tre metri, oppure può essere rappresentata da una decorazione, per esempio<br />

dei vasi <strong>di</strong> fiori o <strong>di</strong> piante. Spesso si tratta <strong>di</strong> un balcone, o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> una

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