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340<br />

GIUSEPPE SOLINAS<br />

presbiterio e un cimitero, dall’altra una s<strong>in</strong>agoga, delle tortuose straducole<br />

ebree e ancora un cimitero, ma un cimitero <strong>di</strong>fferente.<br />

Le due comunità vivevano <strong>in</strong> perfetta armonia. Cerimonie cattoliche spettacolari,<br />

processioni, ban<strong>di</strong>ere, costumi folclorici vivaci, contad<strong>in</strong>i. Dall’altra<br />

parte della piazza del mercato riti misteriosi, canti fanatici e preghiere,<br />

berretti <strong>di</strong> volpe, candelabri, rabb<strong>in</strong>i, pianti <strong>di</strong> bamb<strong>in</strong>i.<br />

Al<strong>di</strong>là della vita quoti<strong>di</strong>ana, questo borgo silenzioso era del tutto de<strong>di</strong>to al<br />

culto dell’eternità.<br />

Naturalmente c’erano un me<strong>di</strong>co, un farmacista, un istitutore, un curato,<br />

un capo della polizia. La moda era quella <strong>di</strong> prima della guerra, la prima<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale ( 1 ).<br />

Il padre, soldato durante la Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale, combatte al<br />

seguito del generale Pilsudski per l’<strong>in</strong><strong>di</strong>pendenza della Polonia. F<strong>in</strong>ita<br />

la guerra rimane attivo come membro del movimento nazionalista<br />

polacco e, per questo motivo, con lo scoppio della Seconda Guerra<br />

Mon<strong>di</strong>ale è <strong>in</strong>cluso nella lista dei deportati ad Auschwitz, dove<br />

muore il 1 aprile 1942.<br />

Mio padre, <strong>in</strong>segnante, non è ritornato dalla guerra. Mia madre, mia sorella<br />

ed io siamo andati a vivere dal fratello <strong>di</strong> mio nonna che era curato. È là<br />

che siamo stati allevati. Ecco da dove mi deriva l’immag<strong>in</strong>e del presbiterio.<br />

La chiesa era una specie <strong>di</strong> teatro. Si andava a messa per assistere allo spettacolo.<br />

Per Natale si preparava <strong>in</strong> chiesa un presepe con <strong>di</strong>verse statu<strong>in</strong>e,<br />

per Pasqua una grotta con qu<strong>in</strong>te decorate, dove stavano <strong>in</strong> pie<strong>di</strong> dei veri<br />

pompieri con caschi d’oro. Io imitavo tutto questo <strong>in</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte.<br />

Avevo confuso il teatro con la ferrovia che avevo visto, la prima volta, dopo<br />

aver fatto un lungo viaggio <strong>in</strong> calesse. Con scatole da scarpe vuote ho costruito<br />

varie scene. Ogni scatola formava una scena <strong>di</strong>versa. Le legavo con<br />

una corda come se fossero vagoni. Poi le facevo passare attraverso un grande<br />

cartone con un’apertura, che si potrebbe <strong>di</strong>re scenica: così ottenevo dei<br />

cambiamenti <strong>di</strong> scena. A mio giu<strong>di</strong>zio questo fu il mio più grande successo<br />

<strong>in</strong> teatro ( 2 ).<br />

La memoria dell’<strong>in</strong>fanzia trascorsa nell’ebreo-cattolica Wielopole<br />

<strong>di</strong>venterà uno dei gran<strong>di</strong> temi dell’arte <strong>di</strong> Tadeusz Kantor, così<br />

come il ricordo delle alterne fortune della sua famiglia. Wielopole-<br />

Wielopole sarà il titolo <strong>di</strong> un suo spettacolo nel 1980, e preti, rabb<strong>in</strong>i,<br />

soldati, alcune figure della memoria portate sulla scena.<br />

Nel 1925, f<strong>in</strong>ita la scuola elementare, Tadeusz, la madre e la sorella,<br />

si trasferiscono nella vic<strong>in</strong>a Tarnow, capoluogo della prov<strong>in</strong>cia<br />

e città natale dei genitori.<br />

( 1 ) T. KANTOR, Il Teatro della Morte, materiali raccolti e presentati da Denis<br />

Bablet, Milano, Ubulibri/E<strong>di</strong>zioni Il Formichiere, 1979, pp. 13-14.<br />

( 2 ) Ibidem.

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