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Nichilismo e universo tecnologico <strong>in</strong> Gianni Vattimo<br />

<strong>in</strong>capacità <strong>di</strong> proporre un modello <strong>di</strong> uomo alternativo a quello della<br />

tra<strong>di</strong>zione metafisica, un uomo che fosse <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> vivere e <strong>di</strong> scegliere<br />

all’<strong>in</strong>terno del mondo <strong>in</strong> cui abita e non semplicemente <strong>in</strong><br />

grado <strong>di</strong> progettare «vie <strong>di</strong> fuga».<br />

Una volta abbandonato qualsiasi residuo metafisico la tecnica<br />

può rappresentare dunque un “primo lampeggiare dell’essere-evento”,<br />

può smettere <strong>di</strong> essere def<strong>in</strong>ita attraverso una essenza rigida e<br />

univoca, e può essere f<strong>in</strong>almente considerata <strong>in</strong> un senso polivoco,<br />

come le tecniche.<br />

Come non esiste una essenza che def<strong>in</strong>isce rigidamente e univocamente<br />

la realtà così non esiste una essenza che def<strong>in</strong>isce univocamente<br />

e rigidamente la tecnica. L’ontologia nichilistico-ermeneutica<br />

che sta alla base della riflessione filosofica <strong>di</strong> Vattimo è anche alla<br />

base della riflessione sulla tecnica. La maggior parte delle critiche rivolte<br />

alla tecnica <strong>in</strong>fatti sono state mosse proprio da posizioni essenzialiste.<br />

Se <strong>in</strong>vece ci si rivolge ad una ontologia ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>versa,<br />

ovvero ad una ontologia che ha fatto i conti con il nichilismo e con<br />

la pervasività dell’ermeneutica, per la quale il pr<strong>in</strong>cipio <strong>di</strong> realtà si è<br />

<strong>di</strong>ssolto nelle molteplici visioni del mondo e nelle <strong>di</strong>verse razionalità<br />

locali, allora anche la nostra immag<strong>in</strong>e della tecnica potrà essere mo<strong>di</strong>ficata<br />

dal carattere aperto e oscillante <strong>di</strong> questo nuovo statuto ontologico.<br />

Le tecniche delle società tardo<strong>in</strong>dustriali contrariamente alla tecnica<br />

meccanica, non forniscono una immag<strong>in</strong>e unitaria del mondo ma<br />

esprimono al massimo livello il consumarsi dell’essere nei <strong>di</strong>versi l<strong>in</strong>guaggi.<br />

Per questo motivo Vattimo può scrivere che «chi, come il<br />

sottoscritto, ritiene che Heidegger abbia ragione quando, nel saggio<br />

su L’epoca dell’immag<strong>in</strong>e del mondo afferma che l’esito della scienza<br />

tecnica moderna è quello <strong>di</strong> rendere impossibile una immag<strong>in</strong>e unitaria<br />

del mondo, producendo <strong>in</strong>vece una esplosione <strong>di</strong> tutte le pretese<br />

<strong>di</strong> concepirlo <strong>in</strong> questi term<strong>in</strong>i, non <strong>in</strong>contra alcuna <strong>di</strong>fficoltà nel<br />

pensare che, se c’è una essenza della tecnica, essa consiste proprio nel<br />

<strong>di</strong>ssem<strong>in</strong>arsi <strong>in</strong> molteplici tecniche irriducibili ad unità» ( 17 ). Perciò<br />

la nostra non è l’epoca dell’immag<strong>in</strong>e del mondo e della tecnica, come<br />

voleva Heidegger, ma piuttosto l’epoca del moltiplicarsi e del complicarsi<br />

delle immag<strong>in</strong>i del mondo e delle tecniche.<br />

239<br />

«Se si guarda al fondo dell’atteggiamento antimoderno e antitecnico <strong>di</strong> filosofi<br />

peraltro così <strong>di</strong>versi fra <strong>di</strong> loro, come Heidegger e Adorno, si trova<br />

ovunque questa paura: che le ragioni dell’esistenza, ossia il carattere impre-<br />

( 17 ) Ivi, p. XI.

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