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La questione femm<strong>in</strong>ile nella cultura ebraica contemporanea<br />

a cui esse si affiancano nella critica al liberalismo, sono però manchevoli<br />

nel non sottoporre ad alcun tipo <strong>di</strong> critica né i ruoli sociali<br />

rivestiti dai sé femm<strong>in</strong>ili, né quelle comunità come la famiglia e il vic<strong>in</strong>ato<br />

che tanto essi valorizzano come luoghi <strong>di</strong> costruzione del sé,<br />

ma che sono anche i centri dell’oppressione storica delle donne ( 54 ).<br />

Puntando, come fanno la Young e molte filosofe italiane della <strong>di</strong>fferenza<br />

sessuale, sia sul ruolo materno, che il riconoscimento delle <strong>di</strong>fferenze<br />

tra uomo e donna preserva pericolosamente come patrimonio<br />

delle donne, sia sul tipo <strong>di</strong> relazione madre/figlio come modello<br />

sociale auspicabile ci troviamo <strong>di</strong> fronte al tentativo <strong>di</strong> assegnare alle<br />

donne un ruolo sul quale il femm<strong>in</strong>ismo e il comunitarismo si <strong>in</strong>contrano.<br />

Mi sembra <strong>di</strong> poter <strong>in</strong><strong>di</strong>viduare il lato debole <strong>di</strong> tale tentativo<br />

nell’estensione della relazione <strong>di</strong> cura materna a tutti i rapporti<br />

sociali e <strong>in</strong>terpersonali ( 55 ), poiché il concetto <strong>di</strong> cura implica l’esistenza<br />

<strong>di</strong> un legame <strong>di</strong> reciprocità affettiva. Ad essa si può contrapporre<br />

il tema <strong>di</strong> orig<strong>in</strong>e liberale del rispetto morale per l’autonomia<br />

dell’altro <strong>in</strong> relazione a noi stessi, per ciò che l’altro ha <strong>di</strong> irriducibile<br />

alla nostra persona e al nostro universo morale: si pongono <strong>in</strong> questo<br />

modo delle relazioni <strong>in</strong>terpersonali basate sulla pari <strong>di</strong>gnità degli esseri<br />

umani e si aggira l’ostacolo del paternalismo più o meno esplicitamente<br />

contemplato dal rapporto <strong>di</strong> cura. Vivere le proprie relazioni<br />

morali si traduce piuttosto nello scegliere, <strong>di</strong> volta <strong>in</strong> volta, con<br />

quale rapporto morale <strong>di</strong> riconoscimento entrare <strong>in</strong> relazione con<br />

l’altro ( 56 ).<br />

Più volte si è criticato il femm<strong>in</strong>ismo per aver, <strong>in</strong> nome delle <strong>di</strong>fferenze<br />

tra uomo e donna, sacrificato quelle tra donna e donna, espri-<br />

323<br />

( 54 ) Cfr. M. FRIEDMAN, Fem<strong>in</strong>ism and modern friendship <strong>in</strong> S. AVINERI-A. DE-<br />

SHALIT, Communitarianism and <strong>in</strong><strong>di</strong>vidualism, Oxford University Press, Oxford<br />

1992; V. Held, op. cit.; I.M. YOUNG, op. cit.<br />

( 55 ) Il modello <strong>di</strong> affiliazione materna non è meno mono-causale del modello<br />

dell’‘uomo-economico’ delle teorie tra<strong>di</strong>zionali tanto criticate dalla Held.<br />

( 56 ) Cfr. A. HONNETH, Etica del riconoscimento, <strong>in</strong> “Micromega. Almanacco <strong>di</strong> filosofia”,<br />

1997, p. 113 ss. C’è <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e un altro motivo per sfuggire alla tentazione <strong>di</strong><br />

alcuni femm<strong>in</strong>ismi <strong>di</strong> fare della relazione materna l’esclusivo para<strong>di</strong>gma del rapporto<br />

sociale, e questa ragione è che, dopo un passato <strong>di</strong> «condanna all’eterna funzionalità<br />

o fusionalità con l’altro», le donne hanno bisogno <strong>di</strong> imparare a ragionare <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e <strong>di</strong> utilizzarli come “misure oggettive”, per sentirsi con sé e soprattutto per<br />

sé, e a vivere i rapporti con gli altri come momenti <strong>di</strong> auto-scoperta e auto-conferma.<br />

Occorre cioè liberare le donne proprio dal quel ruolo <strong>di</strong> procreatrici e <strong>di</strong> croceross<strong>in</strong>e<br />

dell’umanità <strong>in</strong> cui l’uomo, non meno che la natura e per certi versi non<br />

meno <strong>di</strong> alcuni femm<strong>in</strong>ismi, le ha poste. Cfr. P. MELCHIORI, Cr<strong>in</strong>ali. Le zone oscure<br />

del femm<strong>in</strong>ismo, La Tartaruga e<strong>di</strong>zioni, Milano 1995, p. 128.

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