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Scarica il pdf - Associazione Nazionale Magistrati

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Luca Minniti<br />

Sul punto vi propongo le seguenti considerazioni.<br />

Da una parte occorre assolutamente evitare <strong>il</strong> rischio che la fissazione in<br />

modo meccanico, omogeneo sul territorio nazionale ed astratto di un carico<br />

massimo esigib<strong>il</strong>e per i diversi mestieri e che non tenga conto delle condizioni<br />

reali e spesso assai differenti dei singoli uffici si traduca nella notte in<br />

cui tutte le vacche sono nere. Dunque non in uno strumento di conoscenza<br />

ma in uno strumento di confusione che non consente di distinguere le diverse<br />

realtà e responsab<strong>il</strong>ità.<br />

Dall’altra parte non basta affermare - del tutto correttamente - che occorre<br />

migliorare l’organizzazione degli uffici giudiziari e la formazione delle<br />

piante organiche e che è indispensab<strong>il</strong>e la revisione delle circoscrizioni giudiziarie.<br />

Bisogna avviare un processo che dia concretezza a queste giuste indicazioni<br />

di percorso, individuando sin da subito lo strumento necessario nella<br />

responsab<strong>il</strong>izzazione dei dirigenti e degli uffici del Ministero e affidando<br />

all’autogoverno <strong>il</strong> compito di dar corso alle necessarie iniziative.<br />

Non c’è dubbio che <strong>il</strong> problema della misura e stima della capacità di lavoro<br />

dei magistrati si ponga, comunque, sotto diversi aspetti.<br />

Forse sarebbe meglio scegliere di usare la definizione di standard di definizione<br />

dei procedimenti (l’espressione normativa dell’art. 11 del decreto<br />

sulle valutazioni di professionalità che è già legge, piuttosto che quella di carico<br />

esigib<strong>il</strong>e e di standard di rendimento), perché con esso forse è possib<strong>il</strong>e<br />

descrivere meglio le diverse componenti (materiali, organizzative, di qualità<br />

della domanda di giustizia, di tempistica della risposta giudiziaria), ma <strong>il</strong><br />

punto non è <strong>il</strong> nome ma lo scopo che vogliamo raggiungere.<br />

In primo luogo la funzione dell’individuazione di standard di definizione<br />

è quella di strumento di analisi organizzativa (penso ad uno standard studiato<br />

nel concreto, relativo all’ufficio in rapporto alle risorse umane e materiali<br />

ed alle misure organizzative prese dal dirigente).<br />

In secondo luogo come esimente disciplinare o circostanza attenuante<br />

(sempre individuale ed in concreto) mai astratta (altrimenti può trasformarsi<br />

in alibi di colpevoli inefficienze), non solo per i ritardi nel deposito dei<br />

provvedimenti, ma anche rispetto agli errori causati da inefficienza organizzativa<br />

incolpevole.<br />

In terzo luogo come strumento di informazione trasparente verso i destinatari<br />

finali del servizio e verso l’avvocatura (per un b<strong>il</strong>ancio responsab<strong>il</strong>e<br />

delle attività del singolo ufficio) e dunque di distribuzione delle responsab<strong>il</strong>ità<br />

(del singolo giudice, del dirigente dell’ufficio, dell’avvocatura, del Csm, del<br />

Ministero, del Parlamento).<br />

Infine come ulteriore strumento di pressione politico-sindacale per<br />

l’Anm, per le associazioni dell’avvocatura e dei dirigenti e funzionari ammi-<br />

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