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Luca Palamara<br />

3. La durata eccessiva dei processi<br />

Ho già accennato al tema della lentezza dei processi. Purtroppo, anche in<br />

questo Congresso, non possiamo non r<strong>il</strong>evare come <strong>il</strong> problema centrale<br />

della nostra giustizia rimanga ancora quello della durata eccessiva dei giudizi.<br />

I cittadini devono sapere quanta angoscia questo stato di cose produce<br />

nella gran parte di noi, che siamo ben consapevoli delle ricadute negative<br />

sulla crescita del Paese e sul benessere dei cittadini.<br />

Ma <strong>il</strong> principio della ragionevole durata dei processi - che l’articolo 6 della<br />

Convenzione europea dei diritti dell’uomo pone significativamente come<br />

prima caratteristica del processo equo e che dal 1999 è iscritto nell’art. 111<br />

della Costituzione - non ha trovato un adeguato intervento legislativo ed organizzativo.<br />

Nella relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2007, <strong>il</strong><br />

Primo Presidente della Corte di Cassazione ci ha ricordato che proseguono<br />

le condanne dell’Italia al risarcimento dei danni per la ritardata conclusione<br />

dei processi e che <strong>il</strong> problema non può dirsi risolto dall’introduzione della<br />

cd. “legge Pinto” (n. 89 del 2001).<br />

Condividiamo tali preoccupazioni: basti pensare che la lentezza processuale<br />

è oggi anche una causa diretta di spese a carico dello Stato con un trend<br />

inesorab<strong>il</strong>mente crescente.<br />

Il contenzioso in materia è costato negli ultimi cinque anni circa 41,5 m<strong>il</strong>ioni<br />

di euro, di cui 17,9 nel solo 2006.<br />

Ed è paradossale, come sempre sottolineato in quella relazione, che i<br />

giudici civ<strong>il</strong>i siano sempre di più impegnati a stab<strong>il</strong>ire se un privato debba<br />

ottenere un indennizzo per la eccessiva durata dei processi, rallentando in<br />

questo modo la definizione degli altri.<br />

L’indipendenza e l’autonomia non sono priv<strong>il</strong>egi della magistratura, ma<br />

hanno un senso se funzionali all’obiettivo strategico dell’efficacia e<br />

dell’efficienza del servizio giustizia, richiesto ultimativamente dal Comitato<br />

dei Ministri dell’Unione europea nel febbraio del 2007, sulla scia delle conclusioni<br />

del rapporto Robles del dicembre 2005.<br />

Bisogna ripeterlo, <strong>il</strong> sistema giudiziario italiano versa in una gravissima<br />

crisi di efficienza e di funzionalità, che si sta trasformando in crisi di credib<strong>il</strong>ità<br />

della giustizia ed i rimedi non stanno in nuovi interventi sull’assetto della<br />

magistratura, sui quali negli ultimi tempi si è concentrata la politica, ma in<br />

uno sforzo volto a migliorare <strong>il</strong> funzionamento della giurisdizione.<br />

Una sfida positiva sull’efficienza sull’altare della quale tuttavia - è questa<br />

la preoccupazione dei magistrati - non deve essere sacrificata l’autonomia,<br />

nonché la dignità e la cultura della giurisdizione.<br />

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