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Rita Sanlorenzo<br />

Aspettiamo le riforme processuali, nel settore civ<strong>il</strong>e e penale, che finalmente<br />

realizzino <strong>il</strong> precetto della “durata ragionevole”; aspettiamo un intervento<br />

complessivo sul piano della sanzione penale e della sua modulazione<br />

in base ai valori sottesi alla norma incriminatrice, in una ottica d’insieme che<br />

oggi invece, a seguito del frazionamento degli interventi, sembra smarrita.<br />

Aspettiamo serie misure sul piano dell’organizzazione, perché <strong>il</strong> nostro senso<br />

di responsab<strong>il</strong>ità, prima di tutto <strong>il</strong> resto, ci porta ad escludere richieste di<br />

indiscriminati aumenti di risorse, ma ci induce a concorrere alla formulazione<br />

di proposte mirate al miglioramento della resa complessiva del servizio:<br />

queste proposte non dovranno cadere nel vuoto.<br />

Aspettiamo ciò di cui la giustizia ha bisogno da molti anni: un intervento<br />

di sistema, volto a valorizzare nel suo complesso <strong>il</strong> significato centrale che la<br />

stessa giustizia assume per lo sv<strong>il</strong>uppo civ<strong>il</strong>e e democratico di un Paese, e<br />

che da ultimo nei programmi della politica sembra smarrito, sfumato sul<br />

fondo.<br />

I primi interventi governativi non vanno in questo senso: sembrano, anzi<br />

espressamente si dichiarano, figli di una logica emergenziale, in nome della<br />

quale addirittura si interviene per certi casi e per certe aree geografiche, con<br />

decretazione d’urgenza, sull’ordinamento giudiziario, sulle regole di riparto<br />

della giurisdizione, sull’organizzazione giudiziaria e sulla competenza per<br />

territorio; su altro terreno, ed in particolare su quello nodale della sicurezza,<br />

proponendo un’ipotesi di criminalizzazione di condotte che in sé non ledono<br />

diritti primari, ma che in definitiva hanno a che fare con la condizione<br />

soggettiva della persona, che comunque già oggi viene individuata come ragione<br />

per una risposta punitiva aggravata.<br />

Oggi sembra che ci si incominci ad interrogare sulla reale opportunità<br />

dell’introduzione del reato di ingresso <strong>il</strong>legale: e si tratta di interrogativi fondati,<br />

anche perchè di certo non sarà questo genere di misure a creare più sicurezza,<br />

ma solo più <strong>il</strong>legalità, oltre che più diseguaglianza; non sarà questo<br />

tipo di strategia a fermare i flussi di immigrazione clandestina, perché non si<br />

mette a confronto la propria sopravvivenza con la minaccia della applicazione<br />

di una aggravante; o a generare maggior ordine nelle città, perché finirà<br />

per scacciare dalle abitazioni regolari gli stranieri senza permesso (a questo<br />

mira la confisca nei confronti di chi cede loro onerosamente un immob<strong>il</strong>e)<br />

relegandoli nei campi abusivi; anzi, favorirà lo sfruttamento del lavoro<br />

nero, e quindi l’evasione fiscale e contributiva.<br />

Il processo penale è strumento costoso e sofisticato, a cui un legislatore<br />

oculato dovrebbe saper far ricorso in termini b<strong>il</strong>anciati e ponderati, valutando<br />

sempre che la sua ineffettività comporta una ricaduta ulteriore, anche in<br />

termini di sfiducia nella possib<strong>il</strong>ità delle istituzioni di dare al cittadino la sicurezza<br />

cui legittimamente ambisce. Non crediamo che un serio piano di in-<br />

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