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Luca De Matteis<br />

Corte di Strasburgo nei confronti del nostro Paese in relazione a tale ormai<br />

“storica” disfunzione.<br />

Nulla di tutto questo è stato fatto, anche in considerazione<br />

dell’azzeramento, a seguito delle recenti elezioni politiche, delle proposte sul<br />

tappeto. I tempi della giustizia in Italia restano tra i più elevati in Europa<br />

(considerando non solo la “vecchia” Europa della CE, ma anche quella<br />

“grande” dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa), ergendosi a imbarazzante<br />

rovescio della medaglia rispetto alla storia e qualità della nostra civ<strong>il</strong>tà<br />

giuridica.<br />

Senza alcuna pretesa di completezza, si vuole in questa sede riassumere la<br />

natura e la portata del principio della ragionevole durata dei processi nella<br />

Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nelle altre Carte internazionali<br />

dei diritti che si occupano di giustizia, nonché richiamare schematicamente i<br />

risultati del lavoro che da diversi anni in Europa si svolge per identificare le<br />

cause del problema e suggerire possib<strong>il</strong>i soluzioni. Pur nella evidente peculiarità<br />

della situazione italiana, credo che questo excursus possa fornire qualche<br />

ut<strong>il</strong>e spunto di riflessione in vista della formazione di una posizione<br />

dell’Anm, anche per rispondere ad una certa “cultura dell’efficientismo” che<br />

non di rado affiora quando si tratta dei tempi della giustizia in Italia.<br />

2. La ragionevole durata nelle fonti internazionali<br />

Il principio della ragionevole durata del processo è stato introdotto espressamente<br />

a livello normativo per la prima volta nella Convenzione europea<br />

dei diritti dell’uomo del 1950. In precedenza, si era ritenuto che tale<br />

principio potesse ritenersi implicito in quello di eguaglianza, espresso a livello<br />

internazionale già nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del<br />

1948.<br />

Tuttavia, la menzione esplicita nella Cedu ha fatto sì che, parallelamente<br />

all’elaborazione dottrinaria sul tema, si sia sv<strong>il</strong>uppato per via giurisprudenziale,<br />

tramite l’azione della Corte europea dei diritti dell’uomo, un insieme di<br />

regole concrete rendendo l’affermazione contenuta nell’art. 6 § 1 Cedu molto<br />

più che un auspicio. Solo sulla scorta di tale elaborazione si è giunti<br />

all’introduzione normativa del principio a livello nazionale: già nel 1978 nella<br />

Costituzione spagnola (art. 24.2) e nell’art. 111 comma 2 della nostra Costituzione<br />

dal 2001.<br />

È però evidente che non si possa parlare di ragionevole durata dei procedimenti<br />

senza confrontarsi con l’elaborazione fatta nel corso degli anni<br />

dalla Corte di Strasburgo: elaborazione che ha avuto <strong>il</strong> merito di impegnarsi<br />

per uno sv<strong>il</strong>uppo armonico delle decisioni sui singoli casi sottoposti al giu-<br />

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