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Giacomo Caliendo<br />

Giacomo Caliendo<br />

senatore, sottosegretario al Ministero della Giustizia<br />

Pur avendo partecipato a tutti i congressi dell’<strong>Associazione</strong> dal 1973<br />

(Congresso di Torino) a oggi, avverto una certa emozione non tanto perché<br />

sto al Governo, ma perché da stamattina avverto che qualcuno mi considera<br />

ancora un collega, qualche altro invece mi vede come qualche cosa di diverso,<br />

qualche altro ancora si augura qualche indicazione, qualche soluzione. Il<br />

Ministro verrà domani e quindi parlerà a nome del Governo. In questa veste<br />

duplice che ancora ho, questa sera vorrei porre alcune questioni in cui credo<br />

e che certamente porterò ancora avanti. Voi sapete benissimo che io non ho<br />

accettato l’attuale ordinamento giudiziario, specie per quanto concerne la<br />

prevista temporaneità degli uffici direttivi, in particolare perché possono essere<br />

confermati.<br />

La mia idea resta ancora quella che ho espresso in più occasioni, ossia<br />

l’ufficio direttivo dovrebbe avere una durata di quattro o cinque anni senza<br />

possib<strong>il</strong>ità di conferma. Dopo l’incarico direttivo si dovrebbe tornare a<br />

svolgere le funzioni giudiziarie per un nuovo incarico direttivo. Ciascuno di<br />

noi ha scelto di fare <strong>il</strong> magistrato e l’incarico direttivo deve rappresentare un<br />

incarico temporaneo conferito in ragione dell’attitudine a svolgere le funzioni<br />

di dirigente, che non possono essere condizionate nemmeno dall’aspettativa<br />

di una conferma che dipenda da maggioranze contingenti.<br />

Ho sempre sostenuto, poi, un sistema di temporaneità di tutte le funzioni,<br />

compresa quella di pubblico ministero. Sono convinto, infatti, che è un<br />

errore prevedere che un pubblico ministero ricopra a vita la stessa funzione.<br />

Sarebbe auspicab<strong>il</strong>e che le funzioni di pubblico ministero venissero svolte<br />

dopo un periodo di svolgimento delle funzioni giudicanti. Ma forse non è <strong>il</strong><br />

momento di ulteriori riforme giudiziarie, come ha sempre sostenuto in questi<br />

giorni <strong>il</strong> ministro Alfano. Occorre verificare nei fatti la funzionalità del<br />

nuovo ordinamento e la necessità di correttivi da adottare. Ed è anche questa<br />

la ragione per cui dobbiamo individuare incentivi per garantire la copertura<br />

degli uffici del pubblico ministero, anziché di derogare al divieto per gli<br />

uditori di essere assegnati a tali uffici.<br />

Non vi è dubbio che oggi vi è consapevolezza da parte di tutti dei problemi<br />

di funzionalità del sistema giudiziario che sono stati evidenziati negli<br />

interventi di oggi e nella bellissima relazione di Luca Minniti. Gigi Scotti,<br />

che vedo in sala, ricorderà che quando eravamo insieme al Csm alla fine degli<br />

anni Settanta, l’attenzione era concentrata sugli studi di docimologia che<br />

portarono la Francia a dimensionare gli uffici con organici non al disopra e<br />

non al disotto di quelli individuati come ottimali. Una dimensione inferiore<br />

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