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Alessandro Cajola
avvocato, Osservatori sulla giustizia civile
Un progetto per la giustizia
Gli interventi che mi hanno preceduto hanno lumeggiato a fondo le caratteristiche
di questa crisi, che noi, come Osservatori, abbiamo denunciato
e posto all’attenzione degli operatori della giustizia e delle componenti politiche
più sensibili, sin dal 2003 quando si costituirono a catena in Italia gli
Osservatori sulla giustizia civile. Sapete però che gli Osservatori partono da
lontano, dalle prime esperienze degli anni Novanta.
Mi conforta quanto ho ascoltato fino ad ora.
È la dimostrazione che quella sensibilità che ci siamo impegnati a costruire
in questi anni sta maturando nei pensieri, nelle idee di molti di noi, e
che si va realizzando quel mutamento di direzione capace di porre un freno
alla deriva nella quale ci stiamo ritrovando tutti quanti.
In questi anni di attività il lavoro degli Osservatori è stato indispensabile.
Ha favorito attivamente la nascita di convinzioni comuni sull’organizzazione
del lavoro e sul processo.
Organizzazione e processo sono i punti sui quali deve convergere la nostra
azione politica di operatori della giustizia.
Parlo di organizzazione perché, al di là delle valutazioni politiche che ciascuno
può compiere, non è sul piano della qualità espressa dai suoi soggetti,
magistrati, avvocati, personale amministrativo, che questa sofferenza si appalesa,
ma su quello, prosaico, delle risorse e dei mezzi inadeguati.
Anzi capacità, competenze, professionalità e, fuor di retorica, coraggio e
determinazione sono le doti che non ci sono mai mancate e che la società
civile, la società laica, ci riconosce.
Lasciatemi rispondere ai facili detrattori: sulla qualità non si discute.
Gli Osservatori come sapete nascono su questa premessa di valore e di
qualità umane.
Dunque è il tema dell’organizzazione del lavoro giudiziario il cuore del
problema.
Ma è gravissimo errore lasciar correre mesi e anni senza trovare tra di noi
accordi e convergenze per proporre una piattaforma comune di intesa sulle
cose da fare.
Se ripenso a quanto si diceva e si scriveva cinque anni fa tra noi colleghi
degli Osservatori, l’impressione che provo oggi è quella di chi, attestato sul
guado del fiume, ne veda passare le piene senza riuscire a valicarlo.
Le cose però mi sembra che stiano cambiando.
Oggi in Italia è effettiva l’attesa di un superamento delle contrapposizioni
ideologiche che ci hanno tormentato e addormentato.
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