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Giuseppe Meliadò<br />

E, in questo contesto, la necessità prima, come dicevo, è che si ponga<br />

mano ad interventi, anche minimi, per contrastare l’abuso del processo.<br />

Non esito a chiamarlo così: l’abuso del processo.<br />

Il processo penale (piaccia o non piaccia) è devastato dal finto garantismo,<br />

dal formalismo delle garanzie, che, come scriveva uno dei nostri massimi<br />

giuristi, è mera esteriorità, cui non corrisponde alcuna essenza. Il formalismo<br />

delle garanzie vuol dire che, ad esempio, non possiamo rassegnarci<br />

a considerare come normale che in Cassazione si scrivano 40m<strong>il</strong>a sentenze<br />

l’anno (che è una plateale anomalia rispetto a qualunque altra Corte Suprema<br />

del mondo), e che non si possa nemmeno riformare la norma che consente<br />

all’imputato (e quindi, di fatto, al professionista non ab<strong>il</strong>itato) di proporre<br />

<strong>il</strong> ricorso personalmente, vanificando, così, uno dei pochi f<strong>il</strong>tri previsti<br />

allo stato per l’accesso in Cassazione.<br />

Così come non possiamo abdicare all’idea (abbiamo sentito ieri, al riguardo,<br />

<strong>il</strong> rappresentante delle Camere civ<strong>il</strong>i) che sia impossib<strong>il</strong>e attuare un<br />

intervento minimo di razionalizzazione per garantire, ad esempio, un giudice<br />

onorario specializzato in materia di previdenza, proteggendo, in forme<br />

differenziate, diritti inalienab<strong>il</strong>i, ma rimuovendo una delle principali cause di<br />

disfunzione dell’intero sistema della giustizia civ<strong>il</strong>e, o ancora che sia impossib<strong>il</strong>e<br />

recuperare i dieci riti del processo civ<strong>il</strong>e, attualmente vigenti,<br />

all’interno di un unico modello, sostanzialmente quello del processo del lavoro,<br />

che ha dalla sua una evidente peculiarità, quella di garantire i diritti<br />

della difesa e <strong>il</strong> ruolo del giudice, rendendo compatib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> principio dispositivo<br />

con la critica alla concezione del processo civ<strong>il</strong>e come “cosa privata dei<br />

procuratori delle parti”.<br />

Un’ultima osservazione mi sia consentita. Noi giuristi abbiamo profondamente<br />

radicata l’idea della distinzione tra ius conditum e ius condendum. Noi,<br />

in altri termini, siamo abituati a considerare per definizione <strong>il</strong> “reale come<br />

razionale”, e, nondimeno, è nella nostra storia e nella nostra tradizione che<br />

anche <strong>il</strong> “razionale è reale”, e nel nostro razionale vi sono i valori della parità<br />

di trattamento, della giustizia sostanziale, della parità di accesso alla giurisdizione.<br />

Rinunciare a promuovere <strong>il</strong> complesso di questi valori significherebbe<br />

rinunciare all’immagine costituzionale stessa della magistratura. E con<br />

questo spirito ieri abbiamo affrontato anche i temi della sicurezza. Checché<br />

si legga nei giornali, io non ho assistito a nessuno scontro, a nessuna nuova<br />

contrapposizione; io ho sentito soltanto motivazioni pacate e ragionate, che<br />

partono da quel nocciolo duro del nostro “razionale”, che ha fatto sì che la<br />

magistratura italiana e le istituzioni abbiano saputo fronteggiare le sfide del<br />

terrorismo e della criminalità organizzata senza cedere mai alla tentazione<br />

dello stato di eccezione, della deroga alle garanzie e della rinuncia ai principi<br />

fondamentali, quale è <strong>il</strong> principio del giudice naturale.<br />

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