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Marcello Maddalena<br />

Procuratore della Repubblica di Torino<br />

Un progetto per la giustizia<br />

RELAZIONI<br />

1. Non vi è dubbio che, dovendosi parlare della “efficacia” del processo penale,<br />

<strong>il</strong> problema dei problemi è rappresentato dalla “non ragionevole durata”.<br />

Perché non vi è dubbio che una decisione che arriva al termine di un<br />

processo che ha avuto una durata “non ragionevole” non è dotato di grande<br />

efficacia nei confronti di nessuno. Quasi mai per le persone offese; ma neppure<br />

per gli imputati, assolti dopo anni di angosce e patimenti (se innocenti;<br />

se colpevoli un po’ di soddisfazione dall’assoluzione comunque la ricavano);<br />

né per i condannati, che trovano sostanzialmente ingiusta e irragionevole<br />

una condanna che interviene dopo tanto tempo, quando persino i connotati<br />

fisici delle persone sono cambiati. Non per nulla nel 1999 <strong>il</strong> legislatore ha<br />

inserito <strong>il</strong> principio della “ragionevole durata” nella Costituzione, all’art. 111.<br />

Non per nulla, dopo la norma costituzionale, ha fatto ingresso<br />

nell’ordinamento la “famigerata” legge Pinto (legge n. 89 del 24 marzo<br />

2001), che ha previsto l’“equa riparazione” in caso di violazione del termine<br />

ragionevole del processo.<br />

2. Ma v’è di più. Un numero infinito di processi penali si conclude con una<br />

declaratoria di prescrizione del reato. Anzi, possiamo dire che <strong>il</strong> processo<br />

penale nel suo complesso ricava i suoi spazi di sopravvivenza proprio dalle<br />

declaratorie di prescrizione, che peraltro molto spesso, per non dire quasi<br />

sempre, avvengono anch’esse dopo una “non ragionevole durata” nel senso<br />

che, prima di arrivare alla prescrizione (in primo o secondo grado o addirittura<br />

durante la pendenza del giudizio davanti alla Corte di Cassazione), si è<br />

svolta e continua a svolgersi tutta un’attività (investigativa prima e processuale<br />

poi) assolutamente inut<strong>il</strong>e perché destinata a sfociare in prescrizione<br />

(salvo che l’imputato non vi rinunci: <strong>il</strong> che non accade mai).<br />

Eppure, quando a Torino, con la nota (per alcuni dovrei dire, tristemente<br />

nota) circolare che porta <strong>il</strong> mio nome, abbiamo cercato - tutti d’accordo - di<br />

introdurre qualche minimo momento di razionalità in proposito (con esclusivo<br />

riferimento ai reati per cui l’indulto avrebbe cancellato l’intera presumib<strong>il</strong>e<br />

pena e con l’esclusivo intento di riuscire, alla lunga, ad evitare un sempre<br />

crescente numero di estinzioni del processo per intervenuta prescrizione),<br />

da quasi tutte le parti (comprese alcune componenti dell’<strong>Associazione</strong> e<br />

del Consiglio superiore della magistratura) si sono alzati alti strepiti, tanto è<br />

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