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Scarica il pdf - Associazione Nazionale Magistrati

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Stefano Rodotà<br />

sorta di divieto per i giudici, sia come singoli sia attraverso le loro organizzazioni,<br />

di intervenire nella discussione pubblica. Dovrebbero starsene zitti<br />

quando, ad esempio, si tratta del reato di immigrazione clandestina. È<br />

stato detto proprio qui, e sarei ipocrita se non vi dicessi che questa è una<br />

pretesa inammissib<strong>il</strong>e di chiusura appunto del discorso pubblico.<br />

I giudici devono essere consapevoli del loro ruolo. Ma <strong>il</strong> discorso pubblico,<br />

in un paese democratico, richiede anche pubbliche assunzioni di responsab<strong>il</strong>ità.<br />

È grave <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio. Al s<strong>il</strong>enzio preferisco anche qualche abuso<br />

di parola, soprattutto in momenti diffic<strong>il</strong>i come questo. Io faccio di mestiere<br />

<strong>il</strong> professore universitario, ma sono pagato non solo per fare 45 minuti<br />

di lezione tre volte la settimana, ma per partecipare appunto anche alla<br />

discussione pubblica nelle materie in cui io ho più o meno qualche<br />

competenza. Scusate la caduta nel soggettivismo, ma questo è un punto<br />

capitale se vogliamo discutere di rapporti tra magistratura e società.<br />

Passando a un’altra questione, è giusto avere messo al centro <strong>il</strong> tema<br />

dell’efficienza. Tema vero, ma troppe volte usato in modo subdolo, ipocrita,<br />

con falsificazioni gravi per allontanare dalla politica le sue proprie responsab<strong>il</strong>ità<br />

e indirizzare solo sulla magistratura le reazioni dei cittadini. Ho fatto<br />

parte per quindici anni ufficialmente del ceto politico di questo Paese e<br />

ho potuto misurare o la determinazione e la deliberata volontà di non intervenire<br />

in queste materie oppure un’ignoranza che rasentava l’irresponsab<strong>il</strong>ità.<br />

Tutti sapevano quello che accadeva nell’organizzazione carceraria:<br />

quando era Martinazzoli ministro ci fu un rapporto sulla vetustà delle carceri<br />

italiane. Quante volte è stata documentata l’insufficienza delle risorse?<br />

Ma ricordo pure benissimo che una volta Giuliano Amato, allora Ministro<br />

del Tesoro, respinse emendamenti presentati dal mio gruppo dicendo «Ma<br />

non è un problema di spesa, è un problema di incapacità di investire da<br />

parte del Ministero di Grazia e Giustizia», quasi che quel Ministero non<br />

facesse parte del Governo che sedeva in quel momento sui banchi parlamentari.<br />

Ricordo gli sforzi di Giuliano Vassalli per ridurre le circoscrizioni<br />

giudiziarie, frustrati in primo luogo da resistenze politiche. Vi sono dunque<br />

altre e specifiche responsab<strong>il</strong>ità da considerare, non per assolvere alcuno,<br />

ma per individuare e ripartire le responsab<strong>il</strong>ità nel modo giusto. La<br />

disattenzione è stata una strategia politica. Ho usato molte volte in passato,<br />

prima di arrendermi, l’espressione “catastrofe sociale”, per fronteggiarla<br />

o, almeno, per ridurne i danni. Nulla di tutto questo è mai stato fatto di<br />

fronte alla catastrofe dell’amministrazione della giustizia.<br />

Per questo è giusto mettere al centro <strong>il</strong> tema dell’efficienza, tenendo<br />

conto delle varie proposte in circolazione non da oggi e alle quali i magistrati<br />

credo che abbiano contribuito in modo molto importante. Ma in<br />

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