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Gabriella Cappello
creazione di strutture finalizzate a semplificare il lavoro del giudice e del
suo ufficio, affrancandolo da incombenze lontane dall’esercizio della giurisdizione,
l’attuazione del processo telematico, la rivisitazione della geografia
giudiziaria italiana, che consenta di assegnare le risorse umane disponibili
in maniera più razionale e moderna, libera da retaggi storici anacronistici):
ma - allo stato e nel costante, doveroso impegno su tale versante,
prettamente rivendicativo - la programmazione per un miglior sfruttamento
delle risorse disponibili costituisce l’unica risposta rimessa direttamente
a noi e capace di dare risultati apprezzabili.
Ciò impone di adottare metodi di lavoro condivisi, che siano anche
frutto di un costante scambio tra i giudici di una sezione e dell’interagire
stabile tra i vari operatori del settore; di graduare le priorità all’interno dei
singoli uffici; di “scavare” nei meandri della legislazione per trovare meccanismi
procedurali utili per semplificare il lavoro nostro e dei nostri collaboratori;
di favorire la specializzazione nei settori sensibili; di ripartire le
risorse umane disponibili all’interno di un ufficio in maniera da non potenziare
un settore a scapito di altri, secondo logiche meramente contingenti,
ma lavorando in prospettiva, funzionalmente alle reali esigenze di
ciascun servizio; di sviluppare, insomma, una cultura della programmazione
che spesso rimane frustrata a beneficio di logiche di rivendicazione
personale e di sterile ricerca di responsabilità individuali.
Ma impone, anche, di reimpostare la nostra mentalità, contribuendo a
dare vita ad un nuovo modello di giudice che il cittadino non veda più
come un individuo distaccato, temibile e pericolosamente solitario, ma
quale interprete di una giurisdizione genuinamente calata nella realtà su cui
incide.
In questo solco, va riconosciuto indiscusso valore a tutte le iniziative
che promuovano un’idea della giurisdizione affrancata dall’isolamento:
l’esperienza degli Osservatori sulla giustizia civile (tra i quali quello reggino
è uno dei più antichi e ancor oggi dei più vitali) vuol dare conto di un tale
modo di intendere la giurisdizione e ha dimostrato e dimostra tutt’oggi
che il giudice (anche quello “a sud”) può non essere solo nella ricerca di
soluzioni utili per migliorare il servizio giustizia, ma agire in collaborazione
con le altre categorie coinvolte, non solo attraverso una dialettica formale,
ma accollandosi la propria quota di responsabilità condivisa.
Gli Osservatori sulla giustizia civile, ad onta dei garbati (ma a volte
neppure tanto), ironici sorrisi degli scettici, non hanno un valore solo speculativo:
al contrario, essi si pongono quali realtà operative capaci di raggiungere
risultati concreti, realizzando momenti di incontro, in cui i rappresentanti
delle varie categorie (magistratura, personale delle cancellerie,
foro) sono posti in condizione di confrontarsi apertamente, di articolare
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