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Giuseppe Bronzini<br />

come, in assenza di questa informazione anche orizzontale, si possa cementare<br />

una comune cultura giuridica e una mentalità condivisa dei giudici europei<br />

nella tutela dei diritti fondamentali quali sanciti nelle due Carte (ricordo<br />

che un accordo di cooperazione del maggio 2007 tra Ue e Consiglio<br />

d’Europa pone entrambe le Carte come la base di un dialogo e di una cooperazione<br />

nella materia dei diritti umani, in una sorta di appassionante progetto<br />

di fusione di orizzonti tra culture e tradizioni del vecchio continente).<br />

Saggiamente sono state lanciate proposte di hand book di indirizzo, ed ancora<br />

di task force permanenti che studino l’evoluzione della situazione, soprattutto<br />

per quanto riguarda l’impatto sulle diverse realtà nazionali. I “principi” vincolanti<br />

della giurisprudenza delle due Corti vanno infatti ricostruiti estraendoli<br />

dal contesto del caso concreto e della legislazione interessata (basterà<br />

pensare a quei giudizi di b<strong>il</strong>anciamento e di valutazione di proporzionalità<br />

delle misure statali che sono in genere <strong>il</strong> cuore di moltissime sentenze delle<br />

due Corti), vanno sublimati identificando <strong>il</strong> “nucleo duro” argomentativo<br />

riproponib<strong>il</strong>e anche per altre situazioni. Ma allora oltre alla decisione a monte,<br />

è di straordinario interesse studiare e verificare come la stessa è stata recepita<br />

in altri contesti. Il Progetto del portale unico delle reti delle Corti supreme<br />

europee va nella giusta direzione, anche se ancora in via sperimentale,<br />

sottoposto ad un irrazionale accesso limitato ed escludente proprio le decisioni<br />

di merito che forse hanno qualcosa in più da dirci.<br />

b) Come partecipano i giudici italiani ai forum europei, ai luoghi ove<br />

l’Europa dei diritti è sottoposta a verifiche e a pubblico confronto? In realtà<br />

quel che si richiede ai giudici ordinari non è la meccanica trasposizione di<br />

criteri europei nelle decisioni di ogni giorno; questo orientamento risponderebbe<br />

ad una vetusta logica gerarchica e piramidale che omette di riconoscere<br />

<strong>il</strong> ruolo creativo, attivo e partecipe che <strong>il</strong> giudice europeo svolge nel processo<br />

di integrazione tra ordinamenti. In Europa la parola d’ordine è «leale<br />

cooperazione» e «sussidiarietà»: in sostanza dialogo e comunicazione tra<br />

Corti ad ogni livello, fusione di orizzonti più che diktat anche se provenienti<br />

da Corti europee. Pensiamo allo strumento del rinvio pregiudiziale; la regola<br />

è costruita anche dal giudice rimettente e poi è destinata a vivere in<br />

un’applicazione “conforme” nella quale l’universalismo dei principi e la particolarità<br />

nazionale sono destinati a convivere. L’espressione che meglio<br />

rende questa prospettiva è quella della cross fert<strong>il</strong>isation tra sistemi giudiziari,<br />

che presuppone circolarità ed orizzontalità di risposte piuttosto che progettazione<br />

dall’alto e adozione di superate metodologie burocratiche. Se questo<br />

è vero i meccanismi di governance, cioè di circuiti di discussione più ampi e<br />

più diffusi di quelli legati al processo legislativo vero e proprio, sono determinanti.<br />

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