Scarica il pdf - Associazione Nazionale Magistrati

Un progetto per la giustizia
va, e quindi attento a non dispiacere il potere, culturalmente indifferente e
quindi sordo alle richieste di giustizia provenienti dalla società, tecnicamente
poco attrezzato, incentrata sull’idealtipo negativo del magistrato senza qualità,
ha trovato la reazione ferma e intransigente della magistratura italiana, che
ha avvertito come in gioco fosse la sua propria mutazione genetica.
Quella idea di magistratura, sconfitta sul piano politico, è sembrata recessiva
anche sul piano culturale.
Sennonché, in questi ultimissimi anni, sembrano percepibili segnali di ritorni
inaspettati.
Una magistratura psicologicamente stremata dagli anni di contrasto alla
riforma Castelli e dagli esiti non sempre soddisfacenti della riforma Mastella,
che s’interroga sulla stessa utilità sociale della funzione svolta, appare percorsa
in questo frangente da un deficit di razionalità, che, al ripiegamento negli
uffici e nel quotidiano, accompagna la critica alle c.d. élites giudiziarie, il
ribellismo verso le deleghe e verso la rappresentanza associativa, il timore
per riforme ordinamentali comunque percepite come ingiuste, il sospetto
verso lo stesso circuito dell’autogoverno, per la prima volta vissuto come un
pericolo, piuttosto che come il luogo rassicurante della tradizionale tutela
corporativa.
Gli orientamenti culturali dei magistrati stanno mutando, impercettibilmente
ma significativamente: si accentua la tendenza alla ricerca affannosa
del precedente autorevole e rassicurante; sembra riaffacciarsi la concezione
tranquillante del giudice burocrate, “bocca della legge”; in tanti settori, la
giurisprudenza della Cassazione pare più avanzata, o più coraggiosa, della
giurisprudenza di merito.
I giovani magistrati ignorano che l’indipendenza è sempre in equilibrio
precario, e si può perdere, ma conoscono sicuramente le difficoltà delle miserie
materiali in cui debbono operare negli uffici, la perdita di legittimazione
sociale avvertita sin dal primo giorno di lavoro, gli attacchi arroganti di
cui sono fatti talvolta oggetto, i capi degli uffici pavidi che talvolta non li difendono,
le circolari sulle tabelle che rimangono inapplicate persino in grandi
sedi giudiziarie, le responsabilità disciplinari e gestionali che incombono, i
carichi di lavoro spesse volte veramente insopportabili, le difficoltà economiche
che in certe sedi rendono impossibile l’esercizio sereno del lavoro.
E l’ineffettività che caratterizza la funzione giurisdizionale, rendendo
monca la stessa democrazia nel Paese, accentua il senso di frustrazione e favorisce
reazioni corporative. Il crescente senso di inutilità del lavoro, l’aumento
soffocante del contenzioso e la sua sommarizzazione, i riti moltiplicati
e perennemente modificati, la mancanza di giudici e di personale amministrativo,
le risorse materiali miserabili, stanno determinando il crescere di
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