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Pasquale D’Ascola<br />

1. Dalle prassi virtuose agli osservatori<br />

Tra i rimproveri maggiori che sono stati e ancora - molto meno - vengono<br />

mossi con ripetitiva insistenza ai giudici civ<strong>il</strong>i vi sono la multiformità delle<br />

interpretazioni sulle disposizioni processuali, che ostacolano l’accesso del<br />

singolo alla giustizia e alla decisione di merito, e la contraddittorietà delle regole<br />

di amministrazione della giurisdizione e di conduzione del processo tra<br />

ufficio e ufficio e all’interno degli stessi uffici giudiziari. Su questo versante<br />

la predisposizione già nel 2003-2004 di un libro bianco sulle prassi teso alla r<strong>il</strong>evazione<br />

di regole operative ut<strong>il</strong>i ad assicurare la trattazione più efficace del<br />

processo civ<strong>il</strong>e è stato e rimane uno degli impegni costanti dell’<strong>Associazione</strong>.<br />

Sono state r<strong>il</strong>evate sul territorio esperienze di prassi virtuose e si è fatta ricognizione<br />

delle risposte più valide in termini di accelerazione, semplificazione<br />

delle procedure, intesa tra i giudici e le componenti dell’avvocatura e <strong>il</strong><br />

personale delle cancellerie. Nello stesso tempo si è cercato di comprendere<br />

quali siano le prassi deteriori, gli ostacoli ingiustificati: dai congelamenti di<br />

ruolo, alla confusione nella celebrazione delle udienze, ai ritardi negli adempimenti<br />

più elementari. Un importante sostegno è venuto dall’opera degli<br />

Osservatori per la giustizia civ<strong>il</strong>e, presenti in una trentina di sedi, che stanno<br />

diffondendo sia l’uso dei protocolli di udienza sia un metodo di lavoro condiviso<br />

tra i protagonisti della giurisdizione civ<strong>il</strong>e, che è foriero di buoni risultati<br />

e occasioni di sv<strong>il</strong>uppo. Il costante espandersi degli Osservatori,<br />

l’interesse della riflessione sul loro ruolo (R. Caponi, L'attività degli osservatori<br />

sulla giustizia civ<strong>il</strong>e nel sistema delle fonti del diritto, in Foro it., 2007, V, 7), lo stesso<br />

dibattito interno alla magistratura circa i vantaggi e i limiti di essi costituiscono<br />

un significativo strumento di promozione dell’efficienza della giurisdizione<br />

civ<strong>il</strong>e.<br />

I più tiepidi si domandano quale valore possano avere nuove disposizioni<br />

aggiuntive rispetto a quelle esistenti, se non sorrette dalla forza cogente dalla<br />

legge, mentre altri si interrogano sulle differenze esistenti nella realtà giurisdizionale<br />

italiana, frammentata in decine e decine di Tribunali di modeste<br />

dimensioni, ma caratterizzata anche da sedi giudiziarie grandissime quali<br />

Roma o Napoli, nelle quali è arduo osservare protocolli troppo ricchi di adempimenti<br />

e raggiungere un numero enorme di avvocati. La risposta scaturisce<br />

dall’esperienza maturata: la standardizzazione di prassi organizzative e<br />

processuali, in alcuni protocolli inscindib<strong>il</strong>mente legate, produce un “effetto<br />

imitazione” sia per l’efficacia persuasiva all’interno del corpo giudiziario, sia<br />

per l’osservanza indotta nel foro, che apprezza <strong>il</strong> riconoscimento di proprie<br />

istanze di certezza in quella serie di comportamenti che costituiscono<br />

l’essenza quotidiana per gli utenti dell’amministrazione e nello svolgimento<br />

dell’attività processuale. Vi è quindi una forza culturale che nasce dall’elabo-<br />

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