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Lucio Aschettino<br />

ipertrofia di norme che ha reso diffic<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> giudice governare <strong>il</strong> processo<br />

e ha sicuramente determinato incertezze interpretative che alimentano un<br />

circuito vizioso perché in grado di produrre ulteriore inflazione dei procedimenti<br />

risolvendosi, come è del tutto ovvio, in un aumentato numero dei<br />

ricorsi in Cassazione.<br />

In un quadro così contorto sembra quasi che l’unica soluzione alla crisi<br />

del processo e in particolare alla crisi del rito ordinario sia da ricercare in<br />

una incentivazione dei riti alternativi che ha costituito una costante di questi<br />

ultimi anni (si pensi dalla riforma dell’abbreviato introdotta dalla legge<br />

Carotti, al c.d. patteggiamento allargato, all’ampliamento delle possib<strong>il</strong>ità<br />

di ricorrere al decreto penale di condanna per finire al nuovo regime del<br />

rito immediato e di quello direttissimo previsto dal disegno di legge in materia<br />

di sicurezza).<br />

Per sgombrare <strong>il</strong> campo da possib<strong>il</strong>i equivoci ribadisco con forza in<br />

questa sede l’assoluta ut<strong>il</strong>ità e funzionalità dei riti alternativi per la complessiva<br />

economia del processo penale, ma non posso ignorare che i riti alternativi<br />

presuppongono una compressione delle garanzie processuali, sono<br />

espressione di una torsione del processo verso un sistema inquisitorio<br />

ancor più stringente di quello che ci siamo lasciati alle spalle con <strong>il</strong> vecchio<br />

codice di rito e, soprattutto, che tende a far prevalere l’esigenza punitiva<br />

su quella di accertamento del fatto.<br />

Appare dunque necessario un sano equ<strong>il</strong>ibrio tra riti alternativi e rito<br />

ordinario e la misura di questo equ<strong>il</strong>ibrio non può certo essere dettata<br />

dall’emergenza, dall’esigenza di reggere l’impatto dell’incredib<strong>il</strong>e aumento<br />

degli affari da trattare che si è riversato sulle scrivanie dei giudici in questi<br />

anni e a cui si è accompagnato un progressivo calo delle risorse sia in termini<br />

di mezzi sia in termini di uomini.<br />

In definitiva, intervenire in maniera mirata su alcuni istituti processuali<br />

che sono quelli indicati dall’Anm (processo contumaciale, regime delle notifiche<br />

e quello delle nullità) mi sembra non solo opportuno ma sicuramente<br />

la via maestra non solo per velocizzare <strong>il</strong> processo, ma anche per<br />

restituire centralità al dibattimento e dunque, in definitiva, per recuperare<br />

quelle forme di garanzia che ad esso si accompagnano spezzando la spirale,<br />

che rischia di avvitarsi su se stessa, di soluzioni di corto respiro per far<br />

fronte ad una situazione che definire emergenziale sembra addirittura riduttivo.<br />

Si tratta però per la politica di fare scelte coraggiose, perché alcune di<br />

queste modifiche, e non quelle più marginali, incideranno sugli interessi di<br />

alcune categorie e saranno dunque osteggiate con forza, come è emerso<br />

credo con assoluta evidenza anche nell’intervento del presidente della Ucp<br />

di ieri.<br />

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