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Evelina Canale<br />

Admi - <strong>Associazione</strong> donne magistrato italiane<br />

Un progetto per la giustizia<br />

Professionalità: <strong>il</strong> contributo di esperienza e di elaborazione culturale<br />

della magistratura al femmin<strong>il</strong>e nel Comitato Pari opportunità del Csm<br />

Nel prendere in esame le tematiche legate alla professionalità del magistrato<br />

va sottolineato l’apporto di originalità che le donne hanno fornito in<br />

questi ultimi anni nell’esercizio della giurisdizione, ponendosi come interpreti<br />

attente e consapevoli della complessità di una realtà in continuo divenire<br />

all’interno della quale deve essere priv<strong>il</strong>egiata la domanda di giustizia del<br />

cittadino. Basti pensare, tanto per fare un esempio, alle recenti, coraggiose<br />

pronunce di donne magistrato, anche appartenenti alla magistratura amministrativa,<br />

in materia di bioetica, sulle tematiche relative all’inizio e alla fine<br />

della vita.<br />

Intendo riferirmi ad un modello di giudice al femmin<strong>il</strong>e che sa affrontare<br />

<strong>il</strong> proprio lavoro con serietà e vero spirito di servizio, fuori da logiche di<br />

schieramento, che sa esprimersi ai livelli più alti del fare giustizia rendendosi<br />

garante del cambiamento nel rispetto dei valori fondamentali della persona,<br />

adeguando <strong>il</strong> proprio agire alla concretezza delle risposte da dare per soddisfare<br />

le aspettative che ancora, e nonostante tutte le disfunzioni (ma si parla<br />

ormai di “collasso”), i cittadini di questo Paese ripongono nel sistema giustizia.<br />

La risposta, in termini di professionalità, delle donne magistrato a queste<br />

aspettative dipende in larga misura dalle condizioni di lavoro che devono<br />

riequ<strong>il</strong>ibrare obiettive situazioni di svantaggio di fatto.<br />

Dall’ingresso in magistratura delle prime donne, nel 1965, ci sono voluti<br />

ben 27 anni prima che la magistratura nel suo complesso, sia come associazione<br />

che come autogoverno, acquisisse la chiara consapevolezza<br />

dell’esistenza, al suo interno, di una “questione femmin<strong>il</strong>e”. La risposta a<br />

questa consapevolezza è stata l’istituzione, nel 1992, del Cpom (Comitato<br />

pari opportunità in magistratura) che si pone come <strong>il</strong> momento forte<br />

dell’attività dell’autogoverno volta a rimuovere la discriminazione indiretta.<br />

Se la discriminazione diretta finisce nel 1965, è solo dal 1992 che inizia <strong>il</strong><br />

percorso verso la parità di fatto, per far cessare anche la discriminazione indiretta<br />

e <strong>il</strong> pregiudizio di genere, frutto di ritardi e di arretratezze culturali.<br />

L’istituzione del Comitato è stata naturalmente favorita dal crescente<br />

numero di donne che entravano in ruolo (erano appena 475 negli anni Sessanta-Settanta,<br />

salite a 1.413 negli anni Ottanta ed arrivate, nel 2003, a quota<br />

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