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Stefano Schirò<br />

Nelle condizioni attuali, va detto con chiarezza, qualsiasi politica volta a<br />

garantire i maggiori livelli di sicurezza richiesti dalla generalità dei cittadini e<br />

dal sistema economico è destinata ad infrangersi e spegnersi sulla soglia delle<br />

aule dei Tribunali, dove non è possib<strong>il</strong>e celebrare le udienze o movimentare<br />

i fascicoli oltre gli attuali insufficienti limiti di funzionalità, con ciò vanificandosi<br />

ogni auspicato effetto di deterrenza insieme alla generosa azione di<br />

contrasto svolta dalle forze dell’ordine e dalle Procure.<br />

È notizia di oggi, ampiamente e, forse eccessivamente, divulgata dai<br />

mezzi di informazione, quella relativa ad un’asserita contrapposizione tra<br />

Anm e Ministro della Giustizia, in ordine all’introduzione, allo stato prevista<br />

da un disegno di legge, del reato di immigrazione clandestina. Penso francamente<br />

che <strong>il</strong> Paese non abbia bisogno di questa ennesima polemica tra<br />

magistratura, Governo e mondo politico, soprattutto su un problema che,<br />

se pur importante, non attiene a questioni essenziali, inerenti gli assetti costituzionali<br />

e ordinamentali della magistratura. Il problema è tecnico, riguardando<br />

l’efficacia della misura e la ricaduta della stessa sul funzionamento<br />

dell’amministrazione della giustizia. Nel merito, alcune obiezioni sono condivisib<strong>il</strong>i<br />

e d’altra parte nella stessa maggioranza di Governo non sono mancate<br />

posizioni differenziate. È in sede tecnica, quindi, che la questione avrebbe<br />

dovuto preferib<strong>il</strong>mente essere trattata dall’Anm, certamente competente<br />

a esprimersi al riguardo, attraverso le opportune interlocuzioni con <strong>il</strong><br />

Governo e le Commissioni parlamentari. Aver affrontato la questione in sede<br />

congressuale, nella giornata inaugurale a forte impatto politico e mediatico,<br />

da parte del presidente dell’Anm, nella sua relazione introduttiva, con<br />

parole forse non del tutto calibrate rispetto alla complessità del problema,<br />

ha costituito una scelta politica che ha finito per attribuire al dissenso tecnico<br />

una valenza politica che non avrebbe dovuto avere, così pervenendosi<br />

comunque a quell’obiettivo politico di polemica con <strong>il</strong> Governo che alcune<br />

componenti dell’Anm forse intendevano conseguire.<br />

Sul tema la posizione di Magistratura indipendente è chiara ed è stata ben<br />

rappresentata ieri dal segretario generale, Carlo Coco. Giustizia e sicurezza<br />

rappresentano una chiave di volta per lo sv<strong>il</strong>uppo economico e politico<br />

dell’Italia e, appunto in questa prospettiva, necessitano di riforme significative,<br />

di investimenti e di una complessiva e coerente strategia politica e organizzativa.<br />

E per questa ragione appare indispensab<strong>il</strong>e che la riflessione sulla giustizia<br />

venga condotta, sinergicamente ed in una medesima prospettiva, rispetto<br />

a quella sulla sicurezza. Ciò non solo perché coniugare la sicurezza con la<br />

legalità rappresenta uno dei compiti fondamentali dello Stato, ma anche<br />

perché questo binomio di concetti rappresenta <strong>il</strong> vero punto di mira della<br />

dinamica giuridica e sociale tra individuo e Stato. R<strong>il</strong>anciare un sistema effi-<br />

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